Che succede se si copia una tesi di laurea?

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Pubblicato il 17 nov. 2021 · tempo di lettura 1 minuti

Che succede se si copia una tesi di laurea? | Egregio Avvocato

La scrittura di una tesi rappresenta spesso il lavoro conclusivo di un percorso di studi, come quello universitario, e deve essere un’opera originale e unica del suo autore, scritta autonomamente e personalmente. 

Appropriarsi del lavoro di altri con la copiatura dei contenuti è un’attività vietata che può avere diverse conseguenze. Oltre a quelle “interne”, previste dalla singola Università, vi sono quelle previste dalla legge italiana, di natura civilistica ma anche penale e amministrativa. 

Il soggetto che subisce il plagio, infatti, potrebbe chiedere il risarcimento dei danni determinati dalla violazione del diritto d’autore che tutela la sua opera.


La condotta, però, potrebbe integrare anche il reato previsto all’art. 1 della Legge 475/1925.

La norma prevede la reclusione da tre mesi a un anno per chiunque, in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche amministrazioni per il conferimento di lauree o ogni altro grado titolo scolastico o accademico, o per l’abilitazione all’esercizio di una professione o per il rilascio di diplomi o patenti, presenti come propri dissertazioni, studi, pubblicazioni o progetti tecnici o ogni altro lavoro opera di altri soggetti.

Il reato è aggravato nel caso in cui viene conseguito l’intento voluto o se il soggetto agisce a fine di lucro o la condotta è abituale.

È, inoltre, prevista anche la pena accessoria della revoca del titolo conseguito.

Nei casi più gravi, potrebbe essere adottata anche la sanzione amministrativa dell’espulsione dall’Università.


Il plagio è escluso se l’autore cita opportunamente le fonti e i testi ai quali si fa riferimento, seguendo le indicazioni all’uopo previste.

La giurisprudenza è comunque incline a ritenere che il reato si configuri solo quando ci sia una consistente (e non marginale) riproduzione pedissequa e fraudolenta di un testo altrui.



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Misure alternative alla detenzione e pene sostitutive

16 feb. 2022 tempo di lettura 2 minuti

I due istituti in esame sono caratterizzati, e di conseguenza accomunati, dal fatto di riconoscere al soggetto autore del reato la possibilità di espiare la pena in un luogo diverso dal carcere. Soprattutto negli ultimi anni, è stata fortemente sentita l’esigenza di introdurre nel sistema penale delle misure che evitassero un ulteriore ingolfamento ed affollamento delle strutture penitenziarie, già fortemente in difficoltà. La stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel 2013 ha condannato l’Italia (sentenza Torreggiani) per la situazione di sovraffollamento carcerario tale da rendere inumano e degradante il trattamento, andando quindi a violare l’art. 3 Cedu.Tuttavia, le pene sostitutive e le misure alternative alla detenzione, pur avendo in comune tale aspetto fondamentale di evitare il ricorso alla struttura detentiva, sono due istituti da tenere necessariamente distinti, in quanto espressione di due momenti processuali del tutto differenti. Le pene sostitutive sono previste dalla l. n. 681/1989 e si pongono quale sostituzione delle pene detentive brevi. Vengono applicate direttamente dal giudice della cognizione, il quale una volta affermata la responsabilità dell’autore, andrà ad applicare una pena sostitutiva, evitando l’ingresso in carcere del soggetto autore del delitto. Le pene sostitutive previste nel nostro ordinamento sono la semidetenzione, la libertà controllata e la pena pecuniaria.Diversamente, le misure alternative alla detenzione sono previste dalla legge sull’ordinamento penitenziario (l. n. 354/1975) e sono di competenza della magistratura di sorveglianza. Quest’ultima interviene in un secondo momento rispetto al giudice di cognizione, e va ad incidere su un giudicato già formato. Rispondono ad un’esigenza di rieducazione della pena, che trova espressione nel comma  3 dell’art. 27 della Costituzione, tale per cui le pene devono necessariamente avere una vocazione risocializzante e consentire delle occasioni di possibile rientro in società. Ciò che rileva è l’evoluzione della personalità del condannato. Tra le altre, le misure alternative alla detenzione maggiormente utilizzate nel nostro ordinamento sono l’affidamento in prova al servizio sociale, la semilibertà, la detenzione domiciliare, la liberazione anticipata.

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Cosa è la comunione legale tra i coniugi?

14 nov. 2021 tempo di lettura 1 minuti

La comunione legale tra i coniugi è uno dei regimi patrimoniali della famiglia, cioè l’insieme delle regole che governa la titolarità dei beni nel corso del matrimonio, individuando quali debbano considerarsi di proprietà di uno solo dei coniugi e quali, invece, di entrambi.Nel caso di comunione legale, la legge prevede che, di regola e salvo alcune categorie di beni escluse dal codice civile, gli acquisti realizzati durante il matrimonio debbano considerarsi appartenenti alla comunione legale, a cui entrambi i coniugi partecipano in pari misura.A partire dalla riforma del diritto di famiglia del 1975, la comunione legale è il regime “ordinario”, che si applica nei casi in cui i coniugi non scelgano espressamente un regime diverso – come quello della separazione dei beni o di una comunione convenzionale.Tale impostazione era ispirata a diverse ragioni, inclusa quella di tutelare il c.d. coniuge debole, cioè quello che non percepisce un proprio reddito o ne percepisce uno inferiore, (situazione molto ricorrente ai tempi della riforma) e garantire una perequazione delle risorse familiari, realizzate grazie all’impegno profuso da entrambi i coniugi, ancorché attraverso attività diverse. Resta comunque sempre possibile optare per un regime diverso, anche nel corso del matrimonio, stipulando una convenzione da annotare a margine dell’atto di matrimonio.

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Come riconoscere una relazione tossica

14 ott. 2023 tempo di lettura 11 minuti

Relazioni tossiche: quando vivere un amore può far male Nonostante la definizione di tossicità appartenga all'ambito della medicina, questo termine viene ampiamente utilizzato anche in ambito psicologico, come nel caso della mascolinita' tossica.Rispetto alle relazioni, invece, questo termine è usato per riferirsi a quando vivere una relazione può far male. Sempre più spesso, infatti, sentiamo parlare di relazione tossica, quella in cui ti trovi a pensare di essere non supportato, incompreso, umiliato o attaccato. Ma qual è il significato di relazione tossica e come riconoscerla? In questa guida vediamo come capire se una relazione è tossica partendo dal significato di amore tossico. ‍Che cosa sono le relazioni tossiche: definizione e significatoLe relazioni si evolvono. Cambiano e crescono. A volte si consumano e si logorano. Una relazione è “tossica” quando diventa un elemento della propria vita di cui si è “intossicati” e da cui si ritiene necessario disintossicarsi. Volendo dare una definizione di relazione tossica possiamo dire che è tossica: «qualsiasi relazione tra persone che non si sostengono a vicenda, dove c'è conflitto e uno cerca di minare l'altro, dove c'è competizione, dove c'è mancanza di rispetto e di coesione». Mentre ogni rapporto passa attraverso alti e bassi sfociando talvolta anche in crisi di coppia, una relazione tossica è costantemente spiacevole e prosciugante per le persone coinvolte, al punto che i momenti negativi superano quelli positivi. Le relazioni tossiche sono mentalmente, emotivamente e forse anche fisicamente dannose per uno o entrambi i partner.‍Tipi di relazioni tossiche Le relazioni tossiche non sono solo quelle dove c'è una violenza di coppia e non sono quindi necessariamente romantiche. Possono esistere in qualsiasi contesto, dal parco giochi alla sala riunioni alla camera da letto. Potresti anche avere a che fare con relazioni tossiche in famiglia e tra amici.‍Esempio: relazione tossica con un narcisistaAlcune persone, soffrono di Disturbo Narcisistico di Personalita'. Il narcisista, tende a nutrirsi dell’attenzione e dell'ammirazione altrui. I narcisisti sentono il bisogno di mettere in difficoltà le persone e farle sentire "inferiori" in una ricerca di superiorità. Questo vale per il partner, ma anche per i figli: basti pensare ai genitori narcisisti, che portano i loro figli a sperimentare i cosiddetti mommy o daddy issues . Poi c’è il narcisista covert di coppia: vulnerabile, prova vergogna e senso d’inferiorità, cerca approvazione ed è ipersensibile a qualsiasi critica. Quando si ha a che fare con persone che soffrono di disturbo narcisistico di personalità, non è sempre certo se siano consapevoli di ciò che stanno facendo. Ma se il loro comportamento ti fa stare costantemente male con te stesso, dovrai valutare di prendere le distanze da questa persona, o almeno, se la persona è presente nella tua vita, di imparare a comunicare con lei con un comportamento assertivo.Come riconoscere una relazione tossica Quando una relazione è tossica? La tossicità inizia a formarsi quando la relazione diventa disfunzionale e può manifestarsi in molti modi diversi. Esploriamo i modi in cui le relazioni diventano tossiche e come superarle.‍Relazione tossica: i segnali d’allarme I sintomi di una relazione tossica includono qualsiasi forma di violenza, abuso o molestia, che dovrebbe essere affrontata immediatamente. Ma in molti casi, i segnali che ci aiutano a capire se una relazione è tossica sono molto più sottili.La prima, e più semplice, è l’infelicità persistente col rischio di diventare un partner depresso.Se una relazione smette di portare gioia e al contrario ci fa sentire costantemente tristi, arrabbiati, ansiosi o "rassegnati, come se ci sentissimo esauriti", potrebbe essere un rapporto di coppia tossico. Potremmo anche provare invidia verso le coppie felici. I cambiamenti negativi nella nostra salute mentale sono tutti campanelli di allarme. Altri segnali di un rapporto tossico sono:Mancanza di supportoLe relazioni sane si basano sul desiderio reciproco di vedere l’altro avere successo in tutte le aree della vita. Ma quando un rapporto è tossico, ogni risultato diventa una competizione. Il partner è spesso assente o irraggiungibile e si ha l'impressione di accontentarsi delle briciole.‍Comunicazione tossicaInvece di trattarvi con gentilezza, la maggior parte delle vostre conversazioni sono piene di sarcasmo, critiche o di aperta ostilità. Uno dei due potrebbe anche sparire e rendersi irreperibile, come nel ghosting, per alcuni periodi di tempo o evitare di sollevare problemi per non provocare tensioni, tenendo tutti i problemi per se stesso. In altri casi la comunicazione diventa ambigua, esitando nel gasligthing, una vera e propria manipolazione psicologica.‍Comportamenti di controlloSebbene sia normale provare gelosia di tanto in tanto, se la gelosia nella coppia diventa una costante possessivita' può diventare un problema. Chiedere sempre dove si trova il partner e arrabbiarsi eccessivamente quando non risponde immediatamente ai messaggi sono entrambi segni di una mania del controllo, che possono contribuire alla tossicità di una relazione. Il controllo può esprimersi anche attraverso la manipolazione affettiva, quando uno dei due partner controlla (più o meno consapevolmente) l'altro per raggiungere i propri scopi. "Se mi ami, devi farlo" è una delle frasi usate dai manipolatori affettivi per mettere in atto un ricatto emotivo.RisentimentoIl risentimento consiste nell’aggrapparsi ai rancori e lasciare che deteriorino l'intimità, non capire a fondo cosa nasconde la rabbia.Nel tempo, la frustrazione o l’acredine possono accumularsi e rendere un piccolo baratro molto più grande.‍DisonestàUn rapporto è tossico quando ti ritrovi a inventare costantemente bugie su dove sei o su chi incontri per evitare di passare del tempo con il tuo partner. E questo vale anche nelle relazioni tossiche. ‍Stress costanteOgni relazione attraversa momenti di tensione, ma trovarti costantemente al limite è un indicatore che qualcosa non va. Questo stress continuo può mettere a dura prova la tua salute fisica ed emotiva. Nelle relazioni violente è possibile sperimentare un vero e proprio stress post traumatico.‍Ignorare i tuoi bisogniUn conto è la sincronicita' tra due persone, un altro è assecondare qualsiasi cosa il tuo partner voglia fare, anche quando va contro i tuoi desideri o il tuo livello di comfort. Questo è un altro segno di tossicità. Ad esempio, potresti accettare una vacanza che il partner ha pianificato in date che non sono convenienti per te.‍Relazioni perseHai smesso di passare il tempo con amici e familiari, sia per evitare conflitti con il tuo partner, sia per andare in giro a dover spiegare cosa sta succedendo nella tua relazione. Ben presto potresti scoprire che il tuo tempo libero è concentrato esclusivamente sul tuo partner.‍La metafora delle relazioni tossicheLa metafora delle “relazioni tossiche” viene socialmente utilizzata per rappresentare un modo di vivere con il partner: si sta insieme con una persona nonostante si riconosca come questa possa far male. Quando si cerca di definire la “tossicità” del proprio rapporto è possibile trovare espressioni che fanno emergere questo modo di concepire e vivere le relazioni:“Sento di vivere un amore tossico”“Sono dipendente dalla relazione”“Non tollero più questa situazione”.Relazione o malattia?In un rapporto tra partner basato su concetti quali: DipendenzaMalattiaTolleranzaTossicitàsi sviluppa la convinzione di non poter abbandonare né la relazione né il modo di starci dentro nel ruolo che ci si sente costretti ad avere e subire, sia nel presente che guardando al futuro. Questo modo di vivere la relazione è considerato infatti come l’effetto di una “malattia” attribuita ad uno o entrambi i partner.‍Lo specchio, la finestra e la torre: nuove metafore per nuovi significatiCome ricorda il sociologo americano W.I. Thomas, definire una certa situazione come “tossica”, la fa diventare reale nelle conseguenze che produce. Per comprendere meglio questo concetto possiamo aiutarci con nuove metafore per nuovi significati. Concepire la relazione nei termini di una malattia può diventare:lo specchio attraverso il quale giudicare sé stessila finestra da cui osservare il proprio partnerla “torre” da cui guardare il mondo.Nel considerare il rapporto come “malattia tossica” possono innescarsi meccanismi auto giudicanti in ciascuno dei partner: si sente il peso di una responsabilità nei confronti della “cura” ed emergono pensieri come ad esempio:“Non sto facendo abbastanza”“So cosa dovrei fare ma non ne ho le forze”“Devo stargli vicino se non voglio che peggiori”.La relazione può diventare “finestra” da cui considerare il proprio partner come “malato” e, proprio in virtù di questo, non solo da “curare” e supportare, ma anche giustificare:“so che mi fa male, ma non è colpa sua”“mi ha detto che da adesso cambierà”.Nel vivere un rapporto in questo modo, è come se la coppia stesse in una torre da cui osserva il resto del mondo. Spesso, chi vive una relazione tossica, si allontana dagli altri ritenendo questa azione addirittura necessaria, perché basata su pensieri come ad esempio:“gli altri non possono capire”“ho provato a farmi aiutare ma mi dicono cose che già so”.Tutte queste idee su di sé e sul partner diventano reali, provocano isolamento, sofferenza e insofferenza, oltre che limitare le scelte di vita.Sentimenti di sofferenza: effetto collaterale o occasione di dialogo?In una relazione tossica i vissuti di sofferenza, insofferenza o delusione sono considerati “sintomi” di questa “malattia”in cui “si sa che qualcosa non va”da cui si “spera di poter guarire”rispetto alla quale “si è convinti di poter far guarire” l’altra persona.Cosa accade se questi sentimenti, invece che essere letti come sintomi o necessari effetti collaterali da dover accettare e subire, diventano un’occasione per ascoltare il dialogo tra parti di sé? Cosa possono raccontare questi sentimenti? Quale intreccio di convinzioni e credenze potrebbero emergere?‍Il test di una relazione tossicaIl primo passo per prendere coscienza di una relazione tossica è quello di porsi alcune domande:Come posso riconoscere una relazione tossica?Come posso uscirne?Perché mi ritrovo sempre in relazioni tossiche?Come mi proteggo dalle relazioni tossiche?Perché devo stare sempre male?‍È proprio in questi momenti che la prima, e più importante, risposta è la domanda. Se vivere sentimenti di sofferenza può diventare l’occasione per interrogare il rapporto tra sé e la propria relazione, le domande sono lo strumento che può generare una possibilità di cambiamento.‍Se queste domande non bastanoA volte, però, porsi domande come quelle che abbiamo elencato innesca un meccanismo di causa-colpa-giustificazione. Questo non permette di immaginare nuove soluzioni anzi, conferma che quella che si sta vivendo “è proprio una relazione tossica” da riconoscere, evitare o terminare.‍Un nuovo punto di vistaPrima ancora di cercare nuove risposte o nuove soluzioni diventa fondamentale cominciare a chiedersi:Cosa rende la relazione che sto vivendo “tossica”?In base a cosa la definisco tale?Quale potrebbe essere il vantaggio di definirla in questo modo?In quali altri modi potrei definirla?Per quali ragioni scelgo di “starci” nonostante sia convinto sia tossica?Che persona mi fa essere questa relazione?Sarei diverso se vivessi un altro tipo di relazione?Come uscire da una relazione tossica Ascoltare le proprie risposte mette in condizione di avere un’altra prospettiva in cui la relazione può liberarsi da questa immobilità che tanto influenza presente e futuro. Porsi queste domande permette di passare da una “fotografia statica” della relazione, dove le uniche possibilità di azione rimangono quelle di “disintossicarsi”, a un “video dinamico” in cui diventa possibile riconoscere il ruolo e le responsabilità di tutte le persone coinvolte.Nell’immaginare un’altra storia, si creano le condizioni per ampliare le proprie possibilità di scelta considerate come cristallizzate dalla “tossicità” della relazione. “Girare il video” della propria storia rende possibile creare una storia “generativa” di possibilità, dove anche il rendersi attore attivo della propria vita può diventare un’ipotesi non solo desiderabile ma anche da perseguire.‍Come chiudere una relazione tossica Una relazione tossica può diventare sana? Sebbene non sia possibile evitare tutte le relazioni tossiche, specialmente tra colleghi di lavoro o un membro della famiglia, esse possono essere gestite con sani confini, cura di sé e consapevolezza. Dovrai capire, insomma, se è possibile risolvere il problema. Se i fattori scatenanti della relazione tossica stanno influenzando i comportamenti, occorre arrivare alla radice del problema è importante, ma a volte l’unica risposta potrebbe essere quella di uscire da una relazione tossica. A volte è meglio finire qualcosa e cercare di iniziare qualcosa di nuovo, piuttosto che imprigionarsi nella speranza dell'impossibile. ‍Come superare la fine di una relazione tossica Può sembrare difficilissimo liberarsi da una relazione tossica. Le relazioni tossiche possono creare dipendenza, essere distruttive e incredibilmente dolorose e possono generare un vero e proprio ciclo della violenza nella coppia. Quel che è peggio è che, una volta dentro, sembra impossibile staccarsi. Se, però, hai trovato la forza di porre fine alla tua storia tossica, oltre a chiedere aiuto ad uno specialista, è fondamentale mettere in atto una serie di comportamenti che non ti facciano ricadere nella relazione. Vediamoli insieme‍a. Contatto zeroLa prima cosa da fare è valutare di interrompere ogni comunicazione. È il cosiddetto metodo del contatto zero. Per farlo, è necessario cessare tutti i tipi di comunicazione con l’altra persona, prima di tutto non ci si deve più incontrare e vedersi. Ma anche smettere lo scambio di telefonate, messaggi, mail e interazioni sui social network.‍b. Circondarsi di positività Imparare ad auto gratificarsi è fondamentale, circondarsi delle persone giuste anche. Trascorri del tempo con chi ti fa sentire bene, concedendoti il ​​tuo pasto preferito o facendo qualsiasi cosa ti renda felice. Attraversare un momento difficile in una relazione può causare uno stress incalcolabile, è importante ricordare che tutte le emozioni sono utili e non possiamo eliminarle.c. Mantenersi fermi nella decisioneDimenticare un amore non corrisposto o un "amore tossico" è faticoso. Spesso dopo aver lasciato qualcuno, si inizia a sentirne la mancanza. Questo è normale. È facile per il nostro cervello ricordare i momenti belli e dimenticare le parti brutte di una relazione. Può sembrare allettante che la persona torni nella tua vita, ma ricorda che sei arrivato a questa decisione dopo un lungo e ponderato processo. Mantieni la tua decisione e ricorda che è stata presa per migliorare te e la tua vita.Prof. Dr. Giovanni MoscagiuroStudio delle Professioni e Scienze forensi e Criminologia dell'Intelligence ed Investigativa Editori e Giornalisti europei in ambito investigativoEsperto e docente in Diritto Penale , procedura penaleAmministrativo , Tributario , Civile Pubblica Amministrazione , Esperto in Cybercrime , Social Cyber Security , Stalking e Gang Stalking, Cyberstalking, Bullismo e Cyberbullismo, Cybercrime, Social Crime, Donne vittime di violenza, Criminologia Forense, dell'Intelligence e dell'Investigazione, Diritto Militare, Docente di Diritto Penale e Scienze Forensi, Patrocinatore Stragiudiziale, Mediatore delle liti, Giudice delle Conciliazioni iscritto all'albo del Ministero di Grazia e Giustizia, Editori e Giornalisti European news Agency

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È punibile il tentativo di stalking?

16 feb. 2022 tempo di lettura 2 minuti

Il c.d. stalking, cioè il reato di “atti persecutori”, previsto all’art. 612 bis del c.p., punisce con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita e salvo che il fatto costituisca più grave reato.Il delitto di stalking è caratterizzato della relazione tra i singoli comportamenti dello stalker, che rilevano come una condotta persecutoria unitaria e causalmente orientata alla produzione di uno degli eventi tipici descritti dalla norma. Gli eventi in questione possono essere di danno (l’alterazione delle proprie abitudini di vita e il perdurante stato di ansia o di paura), o di pericolo (il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata da relazione affettiva).Il delitto è comunque qualificabile quale reato abituale, perché è necessaria la reiterazione di più condotte – e anche “improprio” perché le singole condotte potrebbero costituire di per sé stesse autonomi reati, e di evento.Secondo la giurisprudenza più recente, ne consegue la ammissibilità logica e giuridica di configurare un tentativo di stalking, punibile ai sensi degli artt. 56 e 612 c.p., quando siano posti in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a realizzare uno degli eventi di danno o di pericolo indicati dalla norma incriminatrice, ma l’evento non si realizzi per cause indipendenti dalla volontà dell’agente.Tale fattispecie può verificarsi quando, ad esempio, per il carattere forte della vittima o la mancata percezione di alcune condotte materiali dello stalker  non si realizzino gli eventi descritti e non possa ritenersi consumato il reato, che si è pero configurato nella forma del tentativo.

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