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La libertà di riunione: condizioni di legittimità e poteri di scioglimento. Le manifestazioni no gress-pass: i casi di Roma e Trieste.

2 dic. 2021 tempo di lettura 9 minuti

La libertà di riunione è disciplinata dalla Costituzione all’interno dell’art. 17 in cui si sancisce che: “i cittadini hanno il diritto di riunirsi pacificamente e senza armi”.La libertà di riunione deve confrontarsi e compenetrarsi con la tutela dell’ordine pubblico e deve essere esercitata nel rispetto della sicurezza e dell’incolumità di persone e cose. Per questo, laddove la riunione perda il suo carattere pacifico, trascendendo in disordini e violenze, può essere sciolta dalla forza pubblica.Esempio concreto di ciò è quanto accaduto a Trieste in occasione delle manifestazioni contro l’obbligo del green pass nei luoghi di lavoro. La situazione che ne è scaturita offre l’opportunità di una riflessione sul sottile equilibrio che si viene a creare tra il diritto, costituzionalmente garantito, della libertà di riunione e il presentarsi contestualmente di varie forme di prevaricazione o violenza che metta in pericolo la pubblica incolumità di persone e cose coinvolte.Definizione di libertà di riunioneTipologie di riunione e preavvisoCondizioni di legittimità e scioglimento delle riunioniIl caso di Trieste: dove risiede il punto di equilibrio fra i contrapposti interessi?1 - Definizione di libertà di riunionePer definire il diritto alla libertà di riunione è necessario definire cosa s’intende per riunione.Per “riunione” si intende la compresenza volontaria di più persone nello stesso luogo. E’ proprio la volontà di stare insieme per uno scopo comune che può avere la natura più varia, distingue la riunione dalle altre forme di assembramento.Sono considerabili come riunioni, quindi, sia i cortei che sono delle riunioni itineranti, sia le manifestazioni spontanee e non organizzate, ma riunioni sono da ritenersi anche  le assemblee, i comizi e i convegni che scaturiscano da una preventiva e motivata 2 - Tipologie di riunioni e preavvisoA seconda del luogo in cui si svolgono, le riunioni si distinguono in riunioni in luogo privato, riunioni in luogo aperto al pubblico e riunioni in luogo pubblico.Le riunioni in luogo privato sono quelle che si svolgono nei luoghi destinati al godimento esclusivo dei privati, ossia il domicilio di una persona, come può essere la casa, la sede di un circolo o di un’azienda, in queste occasioni la libertà di riunione, si salda con la libertà di domicilio.I luoghi aperti al pubblico sono quelli in cui l’accesso del pubblico è soggetto a modalità determinate da chi ne ha la disponibilità, come un cinema, un teatro o l’aula di un’università.I luoghi pubblici sono infine quelli ove ognuno può transitare liberamente, come le strade e le piazze.  E’ in questo caso che la libertà di riunione può entrare in conflitto con un'altra libertà, quella di circolazione, come nel caso in cui la manifestazione si traduca in un blocco stradale, ossia quando si ostacola o si impedisce la circolazione su strade o linee ferroviarie (situazione che è stata oggetto di riforma attraverso il decreto sicurezza 113/2018).Solo per le riunioni in pubblico, l’art. 17. 2 Cost., prevede l’obbligo del preavviso, che deve essere dato in forma scritta almeno tre giorni prima al questore, quale rappresentante dell’autorità locale che dirige la pubblica sicurezza, con indicazione del luogo, dell’ora e dell’oggetto della riunione e delle generalità di coloro che sono designati a prendere la parola.Si tratta di preavviso e non di autorizzazione.  Il preavviso è un onere posto a carico dei promotori della riunione ma non è una condizione di legittimità della stessa, come invece potrebbe esserlo l’autorizzazione. Le riunioni saranno legittime anche senza il preavviso ma in questo caso i promotori risponderanno penalmente per non aver assolto l’onere agli stessi richiesto dalla legge.La ratio del preavviso è di mettere le autorità in grado di adottare le misure necessarie a tutelare la sicurezza e l’incolumità pubblica, nonché a risolvere i problemi che la manifestazione può creare per la circolazione; potendo il questore vietare la riunione in modo preventivo nel caso in cui sussistano comprovati motivi di sicurezza e di incolumità pubblica, non altre ragioni possono indurre l’autorità a vietare preventivamente la riunione, se non un pericolo diretto e immediato da valutare rispetto alle circostanze specifiche del caso.3 - Condizioni di legittimità e scioglimento delle riunioniLa condizione essenziale richiesta dalla Costituzione affinché si abbia una valida riunione è che la stessa si svolga “pacificamente e senza armi”. L’interesse da tutelare è quello dell’ordine pubblico “in senso materiale”, quindi l’incolumità fisica delle persone e delle cose. Riunione che potrà essere sciolta dalla forza pubblica nel caso in cui prenda una piega violenta contro le cose o contro le persone.Questo è quanto di recente avvenuto a Roma, il 10 ottobre 2021, in occasione di una manifestazione contro l’utilizzo del green pass, degenerata in violenza contro le forze dell’ordine. In particolare, la sede della sindacato CGIL è stata devastata da alcuni facinorosi partecipanti, che a causa degli eccessi e delle violenze di cui si sono resi protagonisti, sono stati individuati per l’esecuzione di diverse ordinanze cautelari, con l’accusa di “devastazione e saccheggio aggravato” oltre che “violenza e resistenza a pubblico ufficiale”.In particolare, gli articoli 22, 23 e 24 del T.u.l.p.s. (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), disciplina le modalità di scioglimento delle riunioni. Si prevede che: “quando occorre disciogliere una riunione pubblica … le persone riunite… sono invitate a disciogliersi dagli ufficiali di pubblica sicurezza o in loro assenza, dagli ufficiali o dai sottoufficiali dei carabinieri”. All’interno del T.u.l.p.s. è ordinato lo scioglimento, nel caso in cui l’invito rimanga senza effetto, con tre distinte formali intimazioni, che ancora oggi, si richiede siano precedute ognuna di esse da uno squillo di tromba. Nel caso in cui, le tre intimazioni rimangano senza effetto, ovvero queste non siano eseguite in caso di contrasto per opposizione dei partecipanti, gli ufficiali di pubblica sicurezza o i carabinieri: “ordinano che la riunione o l’assembramento siano disciolti con la forza”.Il fatto che qualcuno dei partecipanti sia armato non è di per sé causa di scioglimento della riunione ma, al più, determina l’allontanamento dell’interessato.Sul punto, occorre ricordare come il concetto di armi improprie, che non raramente compaiono nelle manifestazioni ( questo il caso di spranghe volte al sostentamento di bandiere o striscioni), sia stato precisato dalla Corte Costituzionale, dovendosi considerare: “arma impropria solo gli strumenti chiaramente utilizzabili, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa della persona”, vietando altresì anche l’uso di caschi protettivi e di altri mezzi che rendano difficoltoso il riconoscimento della persona.4 - Il caso di Trieste: dove risiede il punto di equilibrio fra i contrapposti interessi?In tempi recenti, molte sono state le manifestazioni, i sit-in, ed i cortei in tutta Italia, in segno di protesta contro l’utilizzo del green pass, strumento adottato dal governo per incoraggiare la vaccinazione di massa. Oltre al violento episodio avvenuto a Roma ad inizio ottobre, precedentemente citato, un altro avvenimento che ha destato preoccupazione e clamore mediatico è stato quello relativo alla manifestazione promossa dai no-green pass a Trieste, in particolare contro l’obbligo di vaccinazione necessario per accedere al luogo di lavoro.Degna di nota è stata la resistenza dei manifestanti che sono stati per giorni a presidiare il varco 4 del Molo 7 del Porto di Trieste e che, infine, sono stati costretti ad allontanarsi con idranti e lacrimogeni. La vicenda ha scatenato le ire e il malcontento di buona parte del paese, in particolare per l’uso della forza da parte delle forze dell’ordine, nonostante la manifestazione risultasse essersi svolta in modo pacifico e quindi in pieno rispetto dell’art. 17 della Costituzione.C’è da precisare che lo sgombero è stato deciso dalla Prefettura di Trieste che aveva già paventato l’imminente intervento delle Autorità ai manifestanti, adducendo come motivazione il rallentamento e in molti casi l’interruzione delle attività lavorative visto che il presidio impediva il normale svolgimento delle stesse.In questo caso è opportuno evidenziare due concetti che sono stati in precedenza esaminati: le intimazioni a disciogliere la riunione e il reato di blocco stradale, casistica che risulta contemplata dal modificato dal decreto sicurezza nel 2018.Per quel che riguarda il primo aspetto, ovvero quello delle intimazioni a sciogliere la riunione, come fatto notare dalla stessa Prefettura di Trieste, nei giorni successivi all’inizio della riunione, nonostante il carattere pacifico di questa, molte volte gli agenti delle forze dell’ordine intimavano ai manifestanti di sgomberare la strada in vista del normale proseguimento delle attività portuali. Ciò non accadeva e, da tale mancanza di ascolto, conseguiva prima l’utilizzo degli idranti e dei lacrimogeni e, infine, le cariche delle forze dell’ordine, anche con l’utilizzo dei manganelli.Come specificato dal T.u.l.p.s., a seguito delle tre intimazioni, intervenute prima dell’uso degli idranti, nel caso in cui l’invito rimanga inascoltato, gli agenti delle forze dell’ordine possono utilizzare la forza pubblica per disciogliere la riunione.Per quel che riguarda il reato di blocco stradale, le modifiche apportate dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, hanno permesso l’introduzione dell’art. 1 bis, il quale prevede che: “Chiunque impedisce la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000 a euro 4.000. La medesima sanzione si applica ai promotori ed agli organizzatori”.Si tratta di un illecito amministrativo, il quale deve essere immediatamente contestato ai soggetti che ostruiscono la libera circolazione su strada pubblica. Proprio ciò è accaduto a Trieste. In particolare, quando il comportamento illecito sopraindicato si inserisce all’interno di una manifestazione organizzata o promossa da persone fisiche o giuridiche, la sanzione prevista per l’autore materiale dell’illecito si applica anche ai promotori e agli organizzatori.Come, infatti, affermato anche dal Prefetto di Trieste, la manifestazione era oltremodo presentata come sciopero e quindi non convalidata risultando, quindi, una manifestazione non autorizzata. In particolare, si era già fatto notare come la manifestazione stesse impedendo l'accesso dei lavoratori al porto e bloccando l'attività, configurandosi come interruzione di pubblico servizio, quindi perseguibile.Si può affermare quindi, che l’illecito di blocco stradale è stato reiteratamente commesso da parte dei manifestanti a Trieste, nonostante i precedenti avvertimenti e le conseguenti intimazioni a sciogliere la manifestazione in atto da parte delle forze dell’ordine, proprio per aver bloccato o comunque ostruito la strada, in particolar modo il varco 4 del Molo 7 del Porto di Trieste, impedendo, quindi, il normale svolgimento delle attività lavorative.Di talché, si può evidenziare che nonostante la manifestazione fosse pacifica, almeno nella sua fase iniziale, la stessa è trascesa in disordini e violenze, non permettendo il regolare svolgimento delle attività lavorative nel porto di Trieste e, comportando la commissione dell’illecito amministrativo previsto all’interno del reato di blocco stradale. Come stabilito prioritariamente dalla Costituzione, a seguito delle condizioni elencate, la manifestazione di Trieste, minacciando l’ordine pubblico, a seguito delle continue intimazioni, è stata legittimamente sciolta, anche con l’utilizzo della forza, in quanto risultava in aperto contrasto con l’art. 17. 2 Cost e il T.u.l.p.s.Editor: dott. Giuseppe Sferrazzo.

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