Egregio Avvocato
Pubblicato il 16 feb. 2022 · tempo di lettura 1 minuti
L’art. 40 della Costituzione sancisce il diritto di sciopero, da esercitarsi nell’ambito delle leggi che lo regolano. È la principale forma di autotutela dei lavoratori, e si configura come un’astensione totale e concertata dal lavoro da parte di più lavoratori subordinati per la tutela dei propri interessi collettivi.
Il diritto di sciopero non è soggetto ad alcuna limitazione, se non a quelle derivanti da norme che tutelano posizioni giuridiche concorrenti quali il diritto alla vita, il diritto alla salute, la libertà all’iniziativa economica.
Una particolare disciplina è prevista per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, stabilita con la legge n. 146/1990, successivamente modificata dalla legge n. 83/2000.
Sono essenziali quei servizi finalizzati a garantire i diritti della persona costituzionalmente tutelati, i quali sono tassativamente individuati: diritto alla vita, alla salute, alla libertà e alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione. Si evidenzia che ad essere tassativamente individuati sono i diritti della persona, e non anche i servizi pubblici essenziali finalizzati a garantire tali diritti: è quindi possibile includere nuovi servizi che tutelino però i diritti di rilevanza costituzionale previamente individuati.
L’art. 2 della legge in esame dispone le condizioni affinché possa essere esercitato il diritto di sciopero nell’ambito dei servizi essenziali: è necessario adottare misure dirette a consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili; osservare un preavviso minimo non inferiore a 10 giorni; fornire informazioni alle utenze circa lo sciopero almeno 5 giorni prima dell’inizio; esperire un tentativo di conciliazione, vincolante e obbligatorio per le parti.
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Egregio Avvocato
19 apr. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
Il tema dei poteri impliciti della Pubblica Amministrazione è particolarmente rilevante, e ha interessato nel passato i poteri di autotutela (oggi disciplinati dalla legge n. 241/90) e attualmente i poteri delle Autorità amministrative indipendenti. Si tratta di poteri per i quali è assente una base normativa: è un potere innominato che si ritiene si possa desumere da un altro potere, che invece è nominato. Trova fondamento anche nel principio di inesauribilità dei poteri amministrativi, secondo cui il pubblico interesse ha costante necessità di essere curato e richiede un costante intervento da parte della Pubblica amministrazione.La teoria dei poteri impliciti è una teoria antica, che normalmente trova una sua elaborazione negli Stati federali. Lo Stato centrale mantiene dei poteri nominati, ma di regola c’è anche una cd. clausola di flessibilità che consente allo Stato centrale di esercitare dei poteri anche diversi da quelli espressamente nominati ma comunque strumentali al raggiungimento degli obiettivi che le sono stati affidati. Ad esempio ciò avviene nella Costituzione americana; ma lo troviamo anche nell’art. 352 TFUE.Oggi, dunque, la teoria dei poteri impliciti si giustifica in questi termini: quando un potere è strumentale, e quindi strettamente funzionale, all’esercizio di una competenza attribuita, allora si ritiene che una base normativa ce l’abbia ancorché implicita.
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Egregio Avvocato
31 gen. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
Il tentativo circostanziato di delitto è quella fattispecie ove il soggetto agente pone in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere un reato, nei quali sia presente in rerum natura una circostanza di reato. Si può fare l’esempio di un soggetto che si reca in banca per commettere una rapina con un’arma, però viene arrestato in flagranza: si ha una tentata rapina e la circostanza dell’uso delle armi sussiste in rerum natura.Il tentativo di delitto circostanziato, invece, è quella fattispecie nella quale la circostanza di reato non esiste nella realtà, ma vi sarebbe stata solo se il reato fosse arrivato a consumazione. Ad esempio, il soggetto agisce per rubare un famosissimo quadro, ma viene arrestato mentre lo sta afferrando: è un tentato furto, e la circostanza del danno ingente non c’è ma ci sarebbe stata solo in caso di consumazione.Mentre l’ammissibilità della prima fattispecie è pacificamente ammessa, la seconda fattispecie, il tentativo di delitto circostanziato, pone maggiori problemi. La dottrina prevalente ritiene non ammissibile tale fattispecie, perché la norma sul tentativo (art. 56 c.p.) si riferisce solo al delitto e non anche alla circostanza. La giurisprudenza a Sezioni Unite, invece, ritiene ammissibile il tentativo di delitto circostanziato per un’esigenza di proporzionalità e ragionevolezza della pena, ma richiede due presupposti: la certezza della verificazione della circostanza in caso di consumazione; e che nel proposito criminoso del soggetto agente rientri anche la sussistenza della circostanza (che, quindi, deve essere oggetto di rappresentazione).
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Egregio Avvocato
12 gen. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
La nozione utilizzata dal codice penale “cause di esclusione della pena” (art. 59, co. 1 e 4, c.p.) racchiude in sé situazioni eterogenee, non riconducibili ad un principio ispiratore unitario, ma accomunate dal solo fatto che la loro sussistenza esclude la sanzione penale. All’interno delle cause di esclusione della pena possono individuarsi tre differenti categorie: le cause di giustificazione; le cause di esclusione della colpevolezza (scusanti); le cause di non punibilità in senso stretto.Le cause di giustificazione, come la legittima difesa (art. 52 c.p.), rispondono ad un’esigenza di non contraddizione: l'ordinamento giuridico non può consentire o imporre un determinato comportamento con una certa disposizione e, contestualmente, incriminarlo con un’altra disposizione. Le cause di giustificazione rendono lecito un fatto tipico nell’intero ordinamento, e, pertanto, escludono anche la responsabilità civile dell’autore del fatto.Le cause di esclusione della colpevolezza (scusanti) escludono la rimproverabilità di un soggetto per un certo fatto. Trovano il proprio fondamento nel principio di inesigibilità, secondo cui non è esigibile dal soggetto un comportamento diverso da quello tenuto a causa di determinate situazioni che incidono sul suo processo motivazionale, giocando un ruolo di pressione psichica sullo stesso. Le scusanti escludono la colpevolezza di un fatto tipico e antigiuridico.Le cause di non punibilità in senso stretto, infine, escludono la punibilità di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole. Si fondano su una valutazione di opportunità del Legislatore che, per salvaguardare determinati contro-interessi che verrebbero lesi dall’applicazione della pena, reputa di non intervenire con la sanzione.
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Egregio Avvocato
31 gen. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
Si ha concorso di reati nel caso in cui un unico soggetto commetta più reati, per i quali dovranno trovare applicazione tutte le norme incriminatrici violate. Si distingue tra concorso formale di reati: ove con un’unica azione o omissione, e con l’unica condotta il soggetto commette più reati; e concorso materiale di reati, ove con più azioni od omissioni il soggetto commette più reati.Nel caso di concorso formale, il legislatore ha previsto un trattamento di favore, cioè il c.d. cumulo giuridico: si parte dalla pena del reato più grave e tutti gli altri reati perdono autonomia sanzionatoria; il giudice potrà procedere ad aumentare la pena per gli altri reati (potrà farlo fino al triplo).Nel caso di concorso materiale di reati, invece, si applica il cd. cumulo materiale: è la somma algebrica delle pene previste da tutte le norme incriminatrici violate.All’interno della categoria di concorso materiale di reati, peraltro, vi è un’ipotesi speciale: il reato continuato, che si configura nel caso in cui il soggetto con più azioni od omissioni commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Se ricorre la continuazione, si applicherà il cumulo giuridico in deroga alla regola prevista per il concorso materiale di reati.
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