Egregio Avvocato
Pubblicato il 31 gen. 2022 · tempo di lettura 1 minuti
Si può fare l’esempio di un soggetto che si reca in banca per commettere una rapina con un’arma, però viene arrestato in flagranza: si ha una tentata rapina e la circostanza dell’uso delle armi sussiste in rerum natura.
Mentre l’ammissibilità della prima fattispecie è pacificamente ammessa, la seconda fattispecie, il tentativo di delitto circostanziato, pone maggiori problemi. La dottrina prevalente ritiene non ammissibile tale fattispecie, perché la norma sul tentativo (art. 56 c.p.) si riferisce solo al delitto e non anche alla circostanza. La giurisprudenza a Sezioni Unite, invece, ritiene ammissibile il tentativo di delitto circostanziato per un’esigenza di proporzionalità e ragionevolezza della pena, ma richiede due presupposti: la certezza della verificazione della circostanza in caso di consumazione; e che nel proposito criminoso del soggetto agente rientri anche la sussistenza della circostanza (che, quindi, deve essere oggetto di rappresentazione).
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Egregio Avvocato
31 gen. 2022 • tempo di lettura 2 minuti
Il reato di truffa, previsto all’art. 640 c.p., punisce chiunque utilizzi artifizi o raggiri per indurre in errore un altro soggetto, al fine di fargli compiere un atto di disposizione patrimoniale che determina, per l’autore del reato, un profitto ingiusto e, per la vittima, un danno. Per “truffa per omissione” si intende l’ipotesi in cui la truffa, si realizzi a causa di una omissione da parte dell’agente. Ad esempio, quando in occasione della stipulazione di un contratto, una parte non fornisce all’altra, durante le trattative, determinate informazioni relative al contratto stesso o al suo oggetto, inducendola in errore e alla stipulazione di un contratto svantaggioso.Il problema è se tale omissione possa rilevare quale comportamento decettivo, qualificabile come artifizio o raggiro ai sensi del 640 c.p., determinando la responsabilità penale della parte reticente.Secondo la dottrina prevalente, la risposta dovrebbe essere negativa, perché il dato letterale della norma incriminatrice sembra richiedere espressamente una condotta attiva del soggetto agente, che deve causare l’errore dell’altro; mentre il legislatore (come invece fa in altri casi) ha dato rilevanza alla condotta omissiva. Inoltre, essendo la truffa un reato a forma vincolata, non potrebbe essere commesso per omissione ai sensi del 40 cpv. c.p.La giurisprudenza, al contrario, tende negli ultimi anni a dare risposta affermativa, punendo anche la truffa per omissione, in particolare nei casi in cui la legge, esplicitamente o implicitamente, imponeva al soggetto di fornire determinate informazioni. L’omissione, in tal caso, costituirebbe violazione di un obbligo di legge rilevante quale artifizio o raggiro.Il fondamento di questo orientamento è il rilievo dei principi di solidarietà sociale e di buona fede, che si impongono nei rapporti tra i cittadini, con la correlata esigenza di reprimere i comportamenti scorretti e maliziosi nella fase delle trattative. In tal senso, la giurisprudenza valorizza l’esigenza di tutelare l’autodeterminazione della vittima del reato, oltre che il suo patrimonio, evidentemente lesi anche in casi di condotte “solo” reticenti”.
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Egregio Avvocato
22 apr. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
Ai sensi dell’art. 51 del Codice, il presupposto indifettibile per la concessione delle misure ante causam è la sussistenza di ragioni di eccezionale gravità ed urgenza che non consentono neppure la previa notificazione del ricorso e la domande di misure cautelari non provvisorie con decreto presidenziale. Solo in presenza di tale presupposto il soggetto può proporre istanza per le misure interinali e provvisorie che appaiono indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso in merito alla domanda cautelare in corso di causa.L’istanza va proposta al Presidente del T.A.R. competente per il giudizio, il quale prevede sulla stessa, sentite le parti e omessa ogni formalità.Il decreto che rigetta l’istanza non è impugnabile, tuttavia la stessa istanza può essere riproposta dopo l’inizio del giudizio di merito con le forme delle domande cautelari in corso di causa. Provvedimento di accoglimento che perde di efficacia nel caso in cui entro 15 giorni dalla sua emanazione non venga notificato il ricorso con la domanda cautelare ed esso non sia depositato nei successivi 5 giorni.In ogni caso, la misura concessa ante causam perde effetto con il decorso di 60 giorni dalla sua emissione, dopo di che restano efficaci le sole misure cautelari che siano confermate o disposte in corso di causa. Provvedimento di accoglimento che non è appellabile ma, fino a quando conserva efficacia, è sempre revocabile o modificabile su istanza di parte previamente notificata.
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Egregio Avvocato
10 nov. 2021 • tempo di lettura 1 minuti
Con l’espressione funzionario di fatto, ci si riferisce a quelle ipotesi in cui l’atto di investitura del titolare dell’organo sia viziato ovvero manchi del tutto. Questa situazione si può definire come l’esercizio dell’azione amministrativa da parte di soggetti privi della relativa legittimazione.La ratio del riconoscimento giuridico di tale figura è da individuare principalmente nell’esigenza di risolvere il problema della rilevanza giuridica rispetto all’attività compiuta dal funzionario di fatto.La dottrina ha individuato tale esigenza nella soddisfazione della continuità dell’esercizio della funzione pubblica, nonché della tutela della buona fede e dell’affidamento dei terzi e di quella relativa all’economia dei mezzi giuridici che comporta la conservazione degli atti amministrativi utili alla P.A.In merito alle figure riconducibili al funzionario di fatto, non vi è omogeneità di opinioni in dottrina, infatti, si discute in merito alle ipotesi di usurpazione di funzioni pubbliche (art. 347 c.p.), dell’occupazione bellica, della prorogatio e dell’ingerenza autorizzata da un atto di investitura formale, risultato in seguito viziato.Per quel che riguarda il regime giuridico degli atti compiuti dal funzionario di fatto, applicandosi la regola del c.d. fatto compiuto, una volta decorsi i termini per l’impugnativa dell’atto di investitura, gli atti saranno considerati validi, fatta salva la loro impugnazione per un vizio diverso rispetto a quello della competenza.Infine, relativamente alla tutela dei terzi destinatari degli atti, si invoca il principio di conservazione in forza del quale gli atti, nonostante siano invalidi, si ritengono produttivi di effetti nei confronti dei terzi, eccezion fatta per le ipotesi di usurpazione, per cui si propende per l’inapplicabilità del principio. Si ritiene in giurisprudenza prevalente l’orientamento che fonda sul principio di buona fede del privato destinatario degli effetti dell’atto, il fondamento della salvaguardia dello stesso.
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Egregio Avvocato
8 feb. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
L’art. 39 della Costituzione, che regolamenta l’organizzazione sindacale, non è stato mai applicato nel nostro ordinamento, salvo il primo comma che sancisce la libertà di organizzazione sindacale. La Costituzione, infatti, prefigura un modello specifico di organizzazione sindacale, che ricorda lontanamente le corporazioni del periodo fascista: ovvero un sindacato che viene registrato, acquista la personalità giuridica e può entrare in rappresentanze unitarie che stipulano contratti collettivi di lavoro con efficacia normativa, poiché vincolanti per tutti gli appartenenti alla categoria. I sindacati però si sono sempre rifiutati di dare attuazione alla norma. Pertanto, gli attuali sindacati sono semplici associazioni di diritto privato e i contratti che stipulano non sono fonti dell’ordinamento generale, ma hanno valore vincolante solo per i soggetti contraenti e per i loro iscritti.Lo sciopero è la sospensione collettiva temporanea delle prestazioni di lavoro rivolta alla tutela di un particolare interesse dei lavoratori: è un diritto riconosciuto e, infatti, chi sciopera non può subire conseguenze negative sul piano penale, civile o disciplinare (a parte la sospensione della retribuzione).Lo sciopero tutelato dall’art. 40 Cost., però, è solo quello che i lavoratori dipendenti attuano per interessi, anche non economici, di categoria, e non anche quello politico o quello attuato dai datori di lavoro (c.d. serrata) o dai liberi professionisti. Tuttavia anche queste manifestazioni sono libere e consentite, anche se non dall’art. 40 Cost., attraverso altre libertà costituzionalmente garantite, come quella di riunione. L’art. 40 Cost., rinvia alle leggi la regolazione e i limiti del diritto di sciopero. Ma anche questa disposizione è priva di attuazione, in quanto non è mai stata approvata una disciplina generale del diritto di sciopero: esiste solo la disciplina del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, con la L. 146/1990, cioè la sanità, la giustizia, i trasporti pubblici e così via, nei quali devono comunque essere garantite le prestazioni indispensabili.
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