Egregio Avvocato
Pubblicato il 16 feb. 2022 · tempo di lettura 2 minuti
La perquisizione, ex. art. 247 c.p.p., è un mezzo di ricerca della prova, consistente nella ricerca di una cosa da assicurare al procedimento o di una persona da arrestare.
Essa può essere personale, quando vi è fondato motivo di ritenere che la persona nei cui confronti si agisce occulti su di sé il corpo del reato o le cose pertinenti al reato; locale, se vi è fondato motivo di ritenere che le cose menzionate si trovino in un determinato luogo o che possa eseguirsi l’arresto dell’imputato o dell’evaso; informatica, quando vi è fondato motivo di ritenere che tracce pertinenti al reato si trovino in un sistema informatico o telematico.
La perquisizione deve essere disposta con decreto motivato dell’autorità giudiziaria, che attesta la presenza di sufficienti indizi per procedervi; l’atto potrà essere eseguito dall’autorità stessa o essere delegato ad un ufficiale di polizia giudiziaria.
In particolare, nel corso delle indagini preliminari, la perquisizione è ordinata dal Pubblico Ministero; quando svolta, all’indagato eventualmente presente deve essere chiesto se è assistito da un difensore e se ne è privo occorre designarne uno d’ufficio.
È possibile che alla perquisizione proceda anche la polizia giudiziaria di propria iniziativa. Ciò però è legittimo solo nel caso in cui vi sia una situazione di flagranza di reato o di evasione.
Anche in tal caso, se è presente l’indagato, la polizia deve avvertirlo della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia, che può anche intervenire nel compimento dell’atto. Successivamente, la polizia deve trasmettere il verbale della compiuta perquisizione al P.M. senza ritardo e questi, se ne sussistono i presupposti, procede alla convalida entro le 48 ore successive.
La perquisizione si svolge nell’osservanza di alcune formalità a tutela dei diritti Costituzionali della persona. Nel caso di perquisizione personale, in particolare, dovrà essere consegnata una copia del decreto, dando avviso della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia (se prontamente reperibile e idonea). Le cose rilevanti rinvenute nel corso della perquisizione sono sottoposte a sequestro.
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Egregio Avvocato
6 apr. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
Le circostanze del reato sono elementi accidentali del reato, la cui presenza determina un incremento della pena o una diminuzione della stessa. Il reato è già perfetto anche in assenza di quell’elemento. Esistono diversi tipi di circostanze: circostanze comuni e circostanze speciali, a seconda che possano applicarsi a tutti i reati di parte speciale, o solo ad alcune fattispecie specifiche. Diversa è la distinzione tra circostanze ad efficacia comune e circostanze ad efficacia speciale: in questo caso le prime comportano un aumento o diminuzione di pena pari a 1/3; nella seconda categoria, invece, rientrano diverse fattispecie, e cioè le circostanze ad effetto speciale, le circostanze autonome e le circostanze indipendenti.In particolare, le circostanze ad effetto speciale, contemplate e definite dallo stesso legislatore, ex art. 63 c.p. “importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo”. Le circostanze autonome sono quelle per le quali muta il tipo di pena e la circostanza comporta il passaggio dalla pena pecuniaria a quella detentiva, o viceversa; lo stesso quando è previsto il passaggio dalla reclusione all’ergastolo.Infine, le circostanze indipendenti sono quelle circostanze che prevedono una nuova cornice edittale indicata in termini numerici; il legislatore indica il nuovo minimo della pena e il nuovo massimo della pena. Es: art. 434 c.p. (crollo o disastro ambientale). Queste ultime sono state oggetto di un’interessante trattazione giurisprudenziale, che sarà presto approfondito in un articolo ad hoc.
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Egregio Avvocato
16 feb. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
L’art. 40 della Costituzione sancisce il diritto di sciopero, da esercitarsi nell’ambito delle leggi che lo regolano. È la principale forma di autotutela dei lavoratori, e si configura come un’astensione totale e concertata dal lavoro da parte di più lavoratori subordinati per la tutela dei propri interessi collettivi. Il diritto di sciopero non è soggetto ad alcuna limitazione, se non a quelle derivanti da norme che tutelano posizioni giuridiche concorrenti quali il diritto alla vita, il diritto alla salute, la libertà all’iniziativa economica.Una particolare disciplina è prevista per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, stabilita con la legge n. 146/1990, successivamente modificata dalla legge n. 83/2000. Sono essenziali quei servizi finalizzati a garantire i diritti della persona costituzionalmente tutelati, i quali sono tassativamente individuati: diritto alla vita, alla salute, alla libertà e alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione. Si evidenzia che ad essere tassativamente individuati sono i diritti della persona, e non anche i servizi pubblici essenziali finalizzati a garantire tali diritti: è quindi possibile includere nuovi servizi che tutelino però i diritti di rilevanza costituzionale previamente individuati.L’art. 2 della legge in esame dispone le condizioni affinché possa essere esercitato il diritto di sciopero nell’ambito dei servizi essenziali: è necessario adottare misure dirette a consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili; osservare un preavviso minimo non inferiore a 10 giorni; fornire informazioni alle utenze circa lo sciopero almeno 5 giorni prima dell’inizio; esperire un tentativo di conciliazione, vincolante e obbligatorio per le parti.
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Egregio Avvocato
10 dic. 2021 • tempo di lettura 2 minuti
Con il contratto di lavoro le parti si impegnano a reciproche obbligazioni.Prestazione lavorativa e retribuzione costituiscono i principali obblighi derivanti dal contratto di lavoro e rappresentano l’oggetto del contratto. Anche il lavoro di pubblico impiego è un rapporto di tipo bilaterale, da cui derivano una serie di doveri e diritti sia per il lavoratore che per il datore di lavoro.I doveri del dipendente possono essere raggruppati in due ampie tipologie: l’una di stampo pubblicistico, riconducibile al dovere di fedeltà alla Repubblica ex. art. 51 Cost., ai principi di imparzialità e buon andamento ex. art. 97 Cost., e al carattere democratico della repubblica ex. art. 1 Cost., che impone di favorire i rapporti tra amministrazione e cittadino.L’altra tipologia si richiama, invece, ai doveri di diligenza, obbedienza e fedeltà, sanciti, come per il rapporto di lavoro privato, dagli artt. 2104 e 2105 c.c.La definizione dei doveri del dipendente compete al codice di comportamento che nel pubblico impiego, da ultimo, è previsto dal D.P.R. 62/2013. Questo nuovo Codice, definisce i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare. Esso trova applicazione per tutti i dipendenti pubblici, dirigenti e non, specificandosi che le relative prescrizioni costituiscono principi di comportamento per le restanti categorie di personale sottratte alla privatizzazione, previste dall’art. 3 D. Lgs. 165/2001, in quanto compatibili con le disposizioni dei rispettivi ordinamenti. Il nuovo Codice presenta dei profili innovativi rispetto al passato.In primo luogo, per quel che riguarda la disciplina in tema di regali, compensi e altre utilità. Il dipendente non deve sollecitare per sé o per altri, né regali o altre utilità ma soprattutto non ne deve accettare, salvo quelli modico valore, rinvenibili nelle normali relazioni di cortesia, quelli, orientativamente, di valore non superiore ai 150 euro.Importante è anche il nuovo richiamo alla prevenzione degli illeciti nella P.A., correlato alla normativa in tema di corruzione e trasparenza, nella quale si prevede che tutti i dipendenti sono tenuti, non solo a rispettare le misure di prevenzione della corruzione, ma anche a garantire la propria collaborazione al Responsabile della prevenzione. Sull’applicazione del Codice vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici etici e di disciplina.
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Egregio Avvocato
12 gen. 2022 • tempo di lettura 2 minuti
I beni di appartenenza dello Stato, degli enti pubblici e degli enti ecclesiastici possono essere divisi in tre categorie: i beni demaniali, i beni patrimoniali indisponibili ed i beni patrimoniali disponibili.I beni demaniali, cioè immobili o universalità di mobili indicati tassativamente all’art. 822 c.c., che possono appartenere solo ad enti territoriali (cioè lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni), che a loro volta si distinguono in beni del demanio necessario, cioè il demanio marittimo, idrico e militare, e beni del demanio accidentale, cioè strade, autostrade, immobili di interesse storico ed artistico, raccolte di musei etc.I beni patrimoniali indisponibili, mobili e immobili, che appartengono ad enti pubblici anche non territoriali, che si individuano in via residuale quali beni non appartenenti alla categoria precedente. Anche questi possono essere distinti in beni patrimoniali per natura (quali miniere, acque minerali termali..) e per destinazione (come gli edifici adibiti a sede di pubblici uffici e i relativi arredi).I beni patrimoniali disponibili, cioè beni di diritto privato, che potrebbero appartenere a qualsiasi soggetto, non gravati da alcun vincolo o regime particolare.Per quando riguarda il regime giuridico, la legge prevede che i beni appartenenti alla prima categoria non possano essere alienati né formare oggetto di diritti dei terzi, salvo che nei casi e modi previsti dalla legge. Questi sono pertanto da considerare incommerciabili.Per i beni della seconda categoria è invece ammissibile la commerciabilità, ma essi sono gravati da uno specifico vincolo di destinazione all’uso pubblico che permane anche se fossero oggetto di negozi traslativi di diritto privato.Deve tuttavia osservarsi come questa risalente distinzione sia oggi ritenuta meramente nominalistica, anche perché le differenze di regime sono in concreto esigue, anche in punto di commerciabilità. In concreto è infatti difficile individuare dei casi in cui i beni patrimoniali indisponibili possano essere effettivamente alienati senza nuocere alla funzione pubblicistica cui sono attribuiti.
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