Egregio Avvocato
Pubblicato il 28 dic. 2020 · tempo di lettura 3 minuti
La legge riconosce l’agevolazione fiscale dal pagamento dell’imposta IMU nei confronti degli immobili considerati “abitazione principale” ovvero il luogo di residenza e di dimora abituale dell’intero nucleo familiare. Ma se il nucleo familiare si divide, allora cosa succede? Se due coniugi si separano o divorziano, potranno ancora beneficiare dell’esenzione IMU sulla ex casa coniugale? E cosa avviene se l’immobile viene assegnato ad uno dei due coniugi dopo la separazione?
1 - Cosa è l’IMU? Quali sono gli immobili esentati dal pagamento?
L’imposta municipale unica (IMU) è un’imposta locale dovuta dai proprietari di immobili, aree fabbricabili o terreni, in favore del Comune. Sono esentate dal pagamento le abitazioni principali, salvo che siano “abitazioni di lusso” - classificate nelle categorie catastali A/1 A/8 o A/9 - e le loro pertinenze - classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 - nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna categoria catastale.
2 - Quando un immobile può essere considerato “abitazione principale”?
Con abitazione principale si intende l’unità immobiliare ove il nucleo familiare o un singolo individuo dimorano stabilmente e risiedono.
Pertanto, devono essere contemporaneamente presenti 3 condizioni:
In pratica, l’abitazione principale (o prima casa) è quella in cui si ha sia la residenza che il domicilio.
Dunque, se si possiede un immobile in una città ma si ha il proprio domicilio altrove, questo non potrà essere considerato prima casa – e di conseguenza non sarà esentato dall’imposta IMU – anche se il soggetto non è proprietario di altri immobili.
La tassa può essere pagata in due rate annuali, con scadenza 16 giugno e 16 dicembre, o in un’unica soluzione ed il suo ammontare varia a seconda delle aliquote applicate dal Comune in cui ha sede l’immobile.
3 - Chi deve pagare l’IMU?
Sono tenuti al versamento del tributo i proprietari di casa, i titolari di diritti reali di godimento sull’immobile (diritto di usufrutto, di uso, di abitazione, di enfiteusi o di superficie) ed il locatario in caso di leasing.
Se l’immobile appartiene a più comproprietari, oppure sullo stesso bene gravano più diritti reali, ciascun proprietario/possessore dell’immobile è tenuto a pagare l’IMU in percentuale della propria quota.
4 - A chi spetta pagare l’IMU se i coniugi comproprietari dell’immobile sono separati?
La regola generale stabilisce che, a seguito di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, il coniuge assegnatario della casa coniugale è tenuto a pagare l’IMU.
Infatti, attraverso il provvedimento del giudice (omologa) che dichiara l’immobile abitazione familiare, in capo al coniuge assegnatario sorge il diritto di abitazione nella casa coniugale, indipendentemente dall’esistenza di un diritto di proprietà altrui sull’immobile.
In questi casi, la casa coniugale rientra nel novero, ai fini IMU, delle abitazioni assimilate per legge alla principale.
Pertanto, il coniuge assegnatario della casa coniugale sarà esentato dal pagamento del tributo.
Questo a meno che, come già detto, l’abitazione non sia classificata come immobile di lusso (categorie catastali A1, A8, A9). In questo caso, invece, l’IMU è dovuta.
L’assegnazione della abitazione familiare ad un coniuge, fa sì che l’altro (ovvero il coniuge non assegnatario) rimanga solo “nudo proprietario” dell’immobile e non abbia la piena disponibilità, fino alla sussistenza del diritto di abitazione. Pertanto, il coniuge non assegnatario - spogliato dei suoi diritti di godimento sull’immobile - non sarà tenuto al pagamento dell’IMU, che sarà esclusivamente a carico del coniuge assegnatario, titolare del diritto di abitazione.
In conclusione, poiché dal 2014 non è dovuta l’IMU sull’abitazione principale e dal momento che la casa coniugale è considerata per legge abitazione principale, finché sussiste il diritto di abitazione, né il coniuge assegnatario né il coniuge non assegnatario saranno tenuti pagare l’imposta.
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Egregio Avvocato
15 nov. 2022 • tempo di lettura 0 minuti
In caso di estinzione della società ( di persone e di capitali) conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, il rimborso del credito IVA maturato dalla società estinta può essere richiesto dagli ex soci non solo in misura della propria quota di partecipazione societaria ma per l’intero importo del credito a questa spettante.Si determina in questa ipotesi un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue ma si trasferisce ai soci e i diritti e i beni, non compresi nel bilancio di liquidazione dell’ente, si trasferiscono agli stessi in regime di contitolarità o comunione indivisa”
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16 gen. 2023 • tempo di lettura 3 minuti
Lo Studio Legale Lamanna Di Salvo & Partners si occupa da anni di problematiche di diritto di famiglia inerenti separazione, divorzio, sottrazione di minori, adozione nazionale e internazionale, affidamento. Nell'esecuzione degli incarichi affidatici prestiamo particolare attenzione alla tutela dei minori, che sono proprio i soggetti più deboli, i cui diritti - pur sulla carta indiscutibilmente riconosciuti a livello nazionale e internazionale - vengono spesso messi in secondo piano nelle vicende patologiche del rapporto coniugale. Oggi vogliamo dedicare particolare attenzione all'adozione internazionale, intesa come lo strumento volto a dare una nuova famiglia al minore a cui manchi in via definitiva il sostegno da parte della famiglia di origine e che, pertanto, si trovi in stato di abbandono. La Legge n° 184/1983 regola anche sia l'adozione nazionale che quella di minori stranieri e residenti all'estero. I requisiti per l'adozione internazionale sono gli stessi previsti per l'adozione nazionale, e sono previsti dall'art. 6 della legge 184/83 (come modificata dalla legge 149/2001) L'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o per un numero inferiore di anni se i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, e ciò sia accertato dal tribunale per i minorenni.Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto.L'età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l'età dell'adottando, con la possibilità di deroga in caso di danno grave per il minore.Non è preclusa l'adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni.I predetti limiti di età possono essere derogati nell’interesse del minore o dei minori nell’ipotesi di adozione di più fratelli. Tutte le coppie che intendono iniziare un percorso di adozione internazionale devono presentare la dichiarazione di disponibilità al Tribunale dei Minori del circondario in cui risiedono e successivamente richiedere che lo stesso dichiari la loro idoneità all’adozione. Successivamente, i servizi sociali di competenza eseguono una serie di accertamenti sulla cui base il Tribunale pronuncerà un Decreto che attesta l’idoneità o l’inidoneità. Il Tribunale, dopo aver ricevuto le valutazione del servizio sociale, provvederà ad emettere il decreto di idoneità o meno all’adozione internazionale. Entro un anno dalla pronuncia del decreto di idoneità i richiedenti devono rivolgersi ad un ente autorizzato dalla commissione per le adozioni internazionali il quale metterà in contatto gli adottanti con il minore straniero. La Commissione, in particolare, provvede a comunicare l’emissione dell’autorizzazione all’ingresso in Italia agli uffici consolari del luogo. Sono tali Uffici Consolari a rilasciare materialmente il visto d’ingresso per adozione. Il Tribunale per i Minorenni, in seguito, dichiara efficace in Italia il provvedimento di adozione pronunciato all'estero e ne ordina la trascrizione nei registri dello stato civile Invece, nel caso in cui il provvedimento straniero, anziché disporre direttamente l’adozione, disponga l'affidamento a scopo di adozione, sarà necessario che il Tribunale per i Minorenni dichiari efficace l’affidamento a scopo adottivo in Italia. In tale ultima ipotesi, l’adozione si perfezionerà in Italia all’esito positivo del periodo di affidamento preadottivo e sarà il Tribunale per i Minorenni a decidere con Decreto l’adozione, provvedendo ad ordinarne la trascrizione nei registri dello stato civile.
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27 lug. 2021 • tempo di lettura 3 minuti
La miriade di informazioni che ogni giorno lasciamo in questo mondo online forma la nostra identità digitale. Profili social, contenuti multimediali, messaggi di posta elettronica: tutto ciò che fine fa alla nostra morte? I dati personali-digitali non muoiono con l’interessato ed allora, in assenza di una efficiente regolamentazione, nascono nuove soluzioni operative.1. Cos’è l’eredità digitale?2. Cosa prevedono alcune piattaforme online.3. In che modo posso disporne?1 - Cos’è l’eredità digitale?Non esiste una legislazione specifica in materia dalla quale poter prendere in prestito una definizione, tuttavia, possiamo definire l’eredità digitale come la trasmissione a soggetti terzi del nostro patrimonio digitale. Intendiamo per “patrimonio digitale” l’insieme di tutti i rapporti giuridici e beni, con o senza valore economico, presenti o su un supporto elettronico o conservati su server remoti, accessibili solo online mediante apposite credenziali, riferibili alla cd. identità digitale. Fanno quindi parte dell’eredità digitale non solo i dispositivi fisici (come hard disk e chiavi usb) ma, ad esempio, i profili dei social network, l’online-banking, la posta elettronica, le chat, gli spazi di archiviazione, i file multimediali, le licenze software e le criptovalute. 2 - Cosa prevedono alcune piattaforme online. Alcuni social come Facebook ed Instagram danno la possibilità a ciascun utente di scegliere che l’account venga eliminato in modo permanente al proprio decesso. Facebook, in assenza di indicazioni, provvede a convertire i profili social in account commemorativi che “permettono ad amici e familiari di raccogliere e condividere ricordi di una persona che è venuta a mancare” e dal 2018 permette di individuare un “contatto erede”, ossia la designazione di un soggetto al quale viene concesso di accedere e gestire, con alcuni limiti, l’account del de cuius.Altro discorso è possibile fare per i servizi di posta elettronica, i quali hanno politiche molto diverse tra loro. Ad esempio, Google offre ai propri utenti la facoltà di stabilire chi, alla propria morte, potrà avere accesso alla casella di posta elettronica oppure che la stessa venga cancellata, o, in assenza di indicazioni, impone la collaborazione con gli stretti congiunti circa la destinazione dell’account, tutelando il diritto alla riservatezza. Ancora, Yahoo, stabilisce l’automatica cancellazione della casella di posta alla notizia della morte del titolare, così imponendo una sorta di non-trasferibilità del patrimonio digitale. 3 - In che modo posso disporne?Come detto, in Italia non esiste una legislazione in materia di successione nel patrimonio digitale ed, inoltre, i “dati personali” di soggetti deceduti non rientrano neppure nell’ambito di applicazione del Regolamento Europeo in materia di dati personali n. 2016/679. Ad oggi, l’unico riferimento normativo sul tema è l’art. art. 2-terdecies del Codice Privacy (d. lgs. 196/2003), il quale stabilisce che i diritti “riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell'interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione” e che l'esercizio dei predetti diritti non è ammesso nei casi previsti dalla legge o allorquando “l'interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest'ultimo comunicata”. Pertanto, in assenza di un'armonizzazione comunitaria del mercato unico “digitale” e in difetto di un’opportuna legislazione nazionale, la soluzione migliore per tutelare il proprio patrimonio digitale appare essere il testamento. Infatti - oltre ad informarsi sulle regole stabilite da ciascun servizio digitale utilizzato - attraverso il testamento è possibile assegnare le credenziali di accesso di server e piattaforme a chi crediamo possa farne buon uso oppure conferire a persone fidate l’incarico di gestire, secondo precise istruzioni, la propria eredità digitale (si parla in quest’ultimo caso di “mandato post mortem”). Se sei interessato al tema leggi anche “Il diritto all’oblio”.Editor: Dott.ssa Flavia Carrubba
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Egregio Avvocato
24 mar. 2022 • tempo di lettura 4 minuti
Quando si acquista una “prima casa” il Legislatore prevede un trattamento fiscale agevolato che consente, a determinate condizioni, di pagare imposte ridotte all’atto di acquisto. E se sono anche un soggetto UNDER 36?1. Quali sono le agevolazioni fiscali?2. Quali sono i presupposti per ottenere i benefici?3. Posso rivendere una casa acquistata con i benefici “prima casa”?4. Brevi cenni sulle agevolazioni UNDER 36.1 - Quali sono le agevolazioni fiscali?Con l’espressione “acquisto prima casa” si fa riferimento ad un particolare regime fiscale di favore che il Legislatore riconosce all’acquirente (persona fisica) che – al ricorrere di determinati presupposti –acquista un primo immobile destinato ad abitazione. In particolare, le agevolazioni si sostanziano nella diminuzione della cd. imposta di registro.Ogni atto giuridico è soggetto al pagamento obbligatorio di un’imposta da versare allo Stato per la registrazione dell’atto all’Agenzia delle Entrate. Tale imposta può essere proporzionale (ossia una percentuale da applicare a una data base imponibile) oppure fissa.Per gli atti traslativi a titolo oneroso di diritti reali su beni immobili (es. vendita), acquistati da privati, ai sensi dell’art. 1, Tariffa I, Parte I DPR n. 131/1986, l’imposta di registro è del 9%.Quando il trasferimento, però, ha ad oggetto diritti inerenti immobili “prima casa” l’imposta di registro è ridotta al 2%.L’aliquota deve poi essere applicata ad una base imponibile. Ebbene, nel caso di acquisti prima casa (se l’atto non è imponibile Iva e l’acquirente lo richieda) la base imponibile su cui calcolare l’imposta è il “valore catastale”, e non il prezzo pattuito dalle parti. Esso si ottiene moltiplicando la rendita catastale per determinati coefficienti, inferiori nel caso in cui ci troviamo all’interno di tale regime agevolato, che comportano per l’acquirente un ulteriore risparmio d’imposta. Facciamo un esempio per capire meglio. Ipotizziamo che un’immobile abbia una rendita catastale di 900 euro:a) se acquisto con le agevolazioni “prima casa” pagherò un’imposta di registro di 2.079 euro. Perché la base imponibile sarà data da: 900 (rendita) x 115,5 (coefficiente prima casa) = 103.950. A cui devo applicare l’aliquota del 2%: 103.950 x 0,02 = 2.079. b) se acquisto senza le agevolazioni “prima casa” pagherò un’imposta di registro di 10.206 euro.Perché la base imponibile sarà data da: 900 (rendita) x 126 (coefficiente non prima casa) = 133.400A cui devo applicare l’aliquota del 9%: 133.400 x 0,09 = 10.206.Una bella differenza! N.B. che l’imposta di registro dovuta non è mai inferiore a 1.000 euro. Se, ad esempio, a seguito del calcolo predetto l’imposta da versare risultasse 800 euro, scatterebbe la soglia minima, per cui l’acquirente sarebbe comunque tenuto a pagare la somma di 1.000.Ma attenzione, se l’abitazione “prima casa” viene venduta o donata prima che siano trascorsi 5 anni dalla data di acquisto si decade dai benefici e sono previste delle sanzioni salvo, come appresso detto, il riacquisto entro un anno di altra “prima casa”. 2 - Quali sono i presupposti per ottenere i benefici?I presupposti possiamo distinguerli in oggettivi, perché legati alla natura del bene acquistato e alla sua ubicazione, e soggettivi, inerenti la situazione giuridica dell’acquirente.Tutti devono ricorrere ai fini delle agevolazioni predette, e precisamente: la casa che si intende acquistare non deve fare parte delle categorie A/1-A/8-A/9, qualunque sia la dimensione dell’immobile (cioè non deve essere una casa di lusso);l’abitazione deve essere ubicata nel Comune in cui si ha la residenza, oppure, nel Comune in cui si intende trasferire la propria residenza obbligatoriamente nel termine di 18 mesi decorrenti dall’atto di acquisto; o, ancora, nel Comune in cui si svolge la propria attività (lavorativa, sportiva, di studio o di volontariato), o se ci si è trasferiti all’estero, nel Comune in cui ha la sede o svolge la propria attività il soggetto da cui l’acquirente stesso dipende; chi compara non deve essere titolare di un altro immobile nello stesso Comune in cui si trova l’immobile da acquistare;chi compra non deve essere titolare su tutto il territorio nazionale (neppure per quote, anche in regime di comunione legale con il coniuge) di diritti di proprietà, nuda proprietà, usufrutto, uso e abitazione, su altro immobile acquistato con le agevolazioni anzidette, salvo quanto previsto dal 1° gennaio 2016 (vedi di seguito il punto 3).3 - Posso rivendere una casa acquistata con i benefici “prima casa”?Si.Dal 1° gennaio 2016, chi ha acquistato un’abitazione con i benefici “prima casa” può acquistare, sia a titolo oneroso sia gratuito (successione o donazione), un altro immobile abitativo e beneficiare nuovamente delle agevolazioni, ma a condizione che la casa già posseduta sia venduta entro un anno dal nuovo acquisto. 4 - Brevi cenni sulle agevolazioni UNDER 36.Se sei anche un giovane di età inferiore a 36 anni e hai un indicatore ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) inferiore a 40.000 euro, non paghi l’imposta di registro!Invero, il D.L. n. 73/2021 prevede che all’atto di acquisto di una “prima casa”, non soggetto ad iva, non siano neppure dovute l’imposta ipotecaria e catastale (pari a 50 euro l’una). La nuova scadenza dell'agevolazione introdotta dal decreto Sostegni bis (bonus prima casa under 36) è ad oggi fissata al 31 dicembre 2022.Editor: Dott.ssa Flavia Carrubba
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