Vaccini e Responsabilità genitoriale  | Egregio Avvocato


In tempi di COVID, i contrasti tra i genitori si acuiscono ancor di piú, in relazione ad un tema che é diventato di stringente attualitá per tutti noi, vale a dire il vaccino anti COVID.

In via preliminare, vogliamo sottolineare come, a nostro parere, al momento la vexata quaestio sulla vaccinazione abbia assunto toni da guerra civile, il che appare, a parere dello scrivente, assolutamente fuori luogo. Per inciso, riteniamo che, di fronte ad una minaccia globale, la sola risposta da fornire sia quella data dalla scienza, la quale sola puó fornire le informazioni sufficienti ad ognuno di noi per poter decidere se volersi proteggere o meno. Ma quid iuris quando il problema si pone per un minore, per il quale il potere decisionale spetta a chi ha la responsabilità genitoriale?

Uno spunto interessante ci viene da recenti decisioni del Tribunale di Monza, sempre attento a problematiche nuove ed attuali.

Un padre "no vax" rifiutava l'assenso al vaccino, senza considerare la volontà espressa dal figlio minore di anni 15, senza tenere conto dell´art. 3 legge n. 219/2017, secondo cui «il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità». Veniva pertanto introitato un ricorso ex art. 709-ter per contrasti nell'esercizio della responsabilità genitoriale in ambito sanitario, sub specie di consenso al vaccino anti Covid-19. Il Tribunale, valutato il concreto pericolo per la salute del minore, il diffondersi della malattia sul territorio nazionale, la circostanza che i trattamenti vaccinali sono considerati dalla comunità scientifica efficaci, sospendeva momentaneamente la responsabilità del genitore contrario al vaccino.


Analogamente il Tribunale di Milano prendeva posizione al riguardo, con una decisione che susciterà un intenso dibattito al riguardo.

Il padre di una bambina di 11 anni, conveniva in giudizio la sua ex moglie che si opponeva a somministrare alla loro figlia i vaccini (sia quelli obbligatori per legge che quelli facoltativi ma utili per la tutela della salute). La donna si opponeva persino ai tamponi molecolari per la diagnosi del COVID-19 ed il test antigenico per accedere alle lezioni scolastiche. Chiedeva, pertanto, il padre, di essere autorizzato, anche a fronte di mancato consenso o dissenso materno, a prestare da solo l’assenso affinché la figlia minore infrasedicenne possa ricevere le mancanti vaccinazioni obbligatorie e i richiami vaccinali obbligatori ancora non effettuati, come da legge 119/2017, nonché le vaccinazioni facoltative raccomandate, al compimento del 12° anno d’età o comunque secondo le indicazioni del pediatra e di essere autorizzato a prestare, da solo e senza necessità del consenso materno, l’assenso affinché la figlia possa effettuare, ogni volta che sarà necessario, il tampone anti-COVID.

Il Tribunale di Milano ribadisce che per i minori di età compresa tra 0 e 16 anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati sono obbligatorie e gratuite, in base alle specifiche indicazioni del calendario vaccinale nazionale, le vaccinazioni obbligatorie per legge (come, ad esempio, l´anti-poliomielitica, l´anti-difterica, l´anti-tetanica, l´anti-epatite B, l´anti-pertosse, l´anti-Haemophilus influenzae tipo b, l´anti-morbillo, l´anti-rosolia, l´anti-parotite, l´anti-varicella).


Quanto al vaccino anti covid, il Tribunale sottolineava che esso é raccomandato dalla scienza medica a livello internazionale e, pertanto, autorizzava il padre a «provvedere in autonomia, senza il consenso della madre», a sottoporre la figlia a tutte le vaccinazioni obbligatorie e raccomandate; a farle i tamponi molecolari per la diagnosi del COVID-19 tutte le volte che sia necessario; a farle mettere la mascherina a scuola e in tutte le situazioni imposte dalla legge; e, quando la figlia compirà 12 anni, «a valutare in autonomia, sempre senza l’accordo della madre, se sia necessario o anche solo opportuno somministrarle il vaccino anti COVID, visti gli approdi della scienza, le autorizzazioni degli enti regolatori, le norme di legge e le raccomandazioni del pediatra».


Entrambe le decisioni ci sembrano condivisibili sia da un punto di vista giuridico che etico, e rimarcano - qualora ce ne fosse ancora bisogno, che il diritto vigente, in tema di tutela della salute, non puó discostarsi dalle "raccomandazioni" della scienza medica, frutto della piú accurata ricerca farmacologica. In ogni caso, siamo sicuri che queste sentenze faranno non poco discutere gli operatori del diritto e i cittadini comuni. Ben venga la discussione, purché essa rimanga nei limiti di un confronto pacato e rispettoso della libertà di pensiero altrui.

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Mancata emissione dello scontrino: cosa rischia il cliente?

17 nov. 2021 tempo di lettura 1 minuti

La maggior parte degli esercizi commerciali sono obbligati ad emettere lo scontrino fiscale. La regola è quella secondo cui ad esito del pagamento del cliente deve essere emesso lo scontrino, e solo eccezionalmente alcuni soggetti sono esonerati (es. tabaccai o benzinai).In caso di mancata emissione dello scontrino, sicuramente il negoziante commette un’evasione fiscale, a fronte della quale dovrà applicarsi una sanzione tributaria: si tratta di illecito amministrativo, e non invece di reato. Le uniche autorità competenti ad accertare le evasioni sono l’Agenzia delle Entrate e, per conto di questa, la Guardia di Finanza.Differente è la situazione del cliente. Dal 1999 al 2003 è esistita una norma che imponeva al cliente l’obbligo di chiedere lo scontrino, riconoscendo quindi una responsabilità anche in capo al cliente, che veniva sanzionato mediante una multa.A partire dal 2003, invece, è stata espunta qualsiasi tipo di responsabilità in capo al cliente, il quale non ha più alcun tipo di obbligo e non può essere sanzionato in alcun modo.Certamente il cliente potrà comunque segnalare il negoziante che non gli ha voluto rilasciare lo scontrino, mediante una segnalazione (non anonima!) alla Guardia di Finanza. Invero oggi, richiedere lo scontrino fiscale risponde ad un “obbligo sociale”, e inoltre può rivelarsi molto utile per il cliente stesso, che potrà detrarre alcune spese nella dichiarazione dei redditi.

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Egregio Avvocato

Mio padre mi ha diseredato: può farlo? - La diseredazione.

29 gen. 2022 tempo di lettura 1 minuti

La diseredazione è la disposizione mediante la quale il testatore esclude dalla successione un proprio successibile ex lege.Oggi la diseredazione nell’ordinamento giuridico italiano è ammessa, anche nel caso in cui sia l’unica disposizione contenuta nel testamento. L’autonomia testamentaria, infatti, è espressione dell’autonomia dei privati ed è particolarmente ampia.Tuttavia, il problema si pone nel caso in cui si voglia diseredare un cd. legittimario, ovvero, un soggetto che ha sempre diritto ad una quota del patrimonio (cd. quota di legittima), che viene individuato dalla legge nel coniuge, nei figli, e negli ascendenti nel caso in cui non vi siano figli. La tesi che prevale in giurisprudenza è quella che considera inammissibile la diseredazione del legittimario, che si porrebbe in contrasto con l’art. 549 c.c., il quale prevede la nullità di pesi e condizioni poste sulla quota di legittima; e con l’art. 457 c.c., che prevede che le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti dei legittimari. Alla luce di questa interpretazione, se si viene diseredati dal proprio padre non solo si avrà la possibilità di agire con l’azione di riduzione a tutela della propria quota di legittima, ma anche di far valere la invalidità della stessa disposizione testamentaria.Si evidenzia, tuttavia, che nel 2012 è stato inserito un nuovo articolo, il 448 bis c.c., il quale prevede espressamente la possibilità per il figlio di diseredare il proprio padre, e, quindi, contempla la possibilità di diseredare un legittimario. Secondo una prima tesi l’art. 448 bis è norma eccezionale, come tale non estendibile analogicamente, a conferma che di regola non è mai possibile diseredare un legittimario; secondo una diversa tesi, invece, è sempre possibile una diseredazione del legittimario, e la norma è si eccezionale, ma per il solo fatto che il legittimario non potrebbe neanche esperire l’azione di riduzione in questi casi.

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Usura Bancaria

22 mag. 2023 tempo di lettura 8 minuti

USURA BANCARIAINTROPrima di affrontare la trattazione sull’usura bancaria, è necessario descrivere preventivamente istituto base su cui poggia lo specifico reato oggetto Dell’attuale trattazione. Il termine “usura” è riportato nel codice penale all’articolo 644. La norma si presenta molto selettiva e articolata ma non ci definisci in maniera chiara il significato del termine stesso. Il disposto normativo parla infatti di “interessi o altri vantaggi usurari” senza mai delineare l’esatto riferimento giuridico. Un primo collegamento utile si rintraccia nell’articolo 1815 cc, All’interno del libro IV (obbligazioni) al capo XV (del mutuo); anche in questo caso non troviamo la definizione di usura, ma al contempo viene chiarito l’ambito creditizio dell’argomento sotteso. Per ora ci basterà sapere che per usura si intende la richiesta di un interesse al di sopra del limite legale, a fronte di un prestito precedentemente erogato.LEGGE 108/96La riforma introdotta dalla legge 7 marzo 1996 n. 108 di modifica dell’art. 644 c.p., che ha introdotto criteri oggettivi di rilevazione del tasso usurario, autentico punctum prudens della vecchia fattispecie penale, ed eliminato la condotta di approfittamento dello stato di bisogno o di altre situazioni di difficoltà economica, ha realizzato una ulteriore evoluzione del delitto di usura che segna un netto distacco rispetto l’originaria figura: accanto all’usura criminale nasce la c.d. usura bancaria, ovvero l’usura praticata da soggetti qualificati sotto il profilo professionale e istituzionale, che operano in un contesto lecito. I nuovi soggetti coinvolti nei fenomeni commerciali di remunerazione dei prestiti di danaro sono da un lato i colossi bancari e gli intermediari, dall’altro i consumatori, le famiglie, le imprese. L’usura bancaria attiene ai rapporti tra banca e cliente-consumatore, concerne qualunque forma di finanziamento, sconfinamento di fido o erogazione di credito, sia per ragioni personali sia per ragioni imprenditoriali. La vittima (persona fisica o ente), è un soggetto economico vulnerabile esposto agli abusi di potere di mercato vantato da nuovi soggetti internazionali oppure a-nazionali (Banca mondiale, imprese multinazionali), i veri attori del palcoscenico del diritto globalizzato dell’economia.Il riferimento a questa nuova e maggiormente pericolosa figura criminale è desumibile da molte sfumature linguistiche utilizzate dal legislatore: costituisce all’interno dell’attuale art. 644 c.p. una forma aggravata di usura ed è chiaro il riferimento a spese, costi e remunerazioni a vario titolo promesse, che riguardano certamente rapporti contrattuali nati in un contesto lecito; richiede il necessario collegamento con lo svolgimento stabile di un’attività professionale (e non risultano censurabili le attività professionali sfornite di tale collegamento funzionale: si pensi adesempio il funzionario di banca che opera in proprio erogando prestiti)3; è praticata da banche e intermediari finanziari, ovvero da soggetti cui è riservata per legge l’attività del credito; colpisce situazioni di squilibrio di potere contrattuale e di potere di mercato tra soggetti economici che appartengono entrambi al mondo (lecito) della economia reale e della finanza, ove la condizione di sostanziale disparità e debolezza economica della parte non può essere riassunta nello stato di bisogno; si innesta in un regolamento contrattuale assai rigido, standardizzato, minuzioso, colmo di clausole e condizioni, talora ai limiti della vessatorietà, che prevede spese e che disciplina l’inadempimento; l’erogazione del credito è gravida di obblighi collaterali concernenti lo stesso credito (la previsione di oneri e spese di istruttoria, assicurazioni, etc.) ma spesso anche non collegati al credito (come l’acquisto di titoli di investimento);Si spiega così la scelta di ricollocare la condizione economica in cui verte la vittima in un ruolo secondario (in progressione di gravità: lo stato di bisogno, le condizioni di difficoltà economica, le condizioni di difficoltà finanziaria), valorizzando tout court, senza alcuna aggettivazione e senza condizioni, il contraente debole.Nella società contemporanea l’usura diviene un ramo di una complessa holding economica; un allettante meccanismo contrattuale a disposizione della criminalità d’impresa (e non solo della criminalità organizzata) che consente di abusare del potere di mercato a scapito dell’equilibrio contrattuale, quale vero e proprio moltiplicatore di ricchezza; non più sporadico episodio nell’ambito di una relazione tra singoli individui (ove viene tutelato il patrimonio e la liberta negoziale individuale), ma predominio e affermazione del potere economico e di mercato su una massa di soggetti economicamente deboli. In breve, il legislatore del '96 persegue finalità assai più estese rispetto quelle originarie del legislatore del ’30 (ovvero della tutela di interessi individuali), imponendo il contenimento del costo del credito (ogni costo e a qualsiasi titolo previsto) entro parametri oggettivi, presidiati dalla sanzione penale (644 c.p.) e civile (1815 c.c., 2° comma).ANALISI DELLA NORMAAnalizzando l’articolo 644 CP possiamo notare come i primi due commi descrivono le caratteristiche di un reato comune uni personale ( con la possibilità di un concorso tra soggetti ex articolo 110 CP), sussidiario (rispetto all’articolo 643 CP), un reato di contratto visto che il bene giuridico tutelato ed integrità patrimoniale, a dolo generico ( come vedremo successivamente dedotto da una sentenza della Cassazione).1.     Nel dettato normativo il chiunque presuppone la possibilità che qualsiasi cittadino possa scommettere il reato di usura ricadendo così all’interno della categoria del reato comune. In dettaglio il comma 5 del suddetto articolo, come aggravante, è punito il colpevole che agisce nell’esercizio della professione; in questo caso assume le vesti di reato proprio, dando vita così a una specifica sottoclasse: usura bancaria.2.     Con riferimento ai soggetti attivi coinvolti nel reato di usura bancaria è facile dibattersi in un istituto di credito ( erogatore), l’intermediario finanziario ( operatore funzionario) ed il richiedente mutuo. 3.     La richiesta del mutuo viene sottoposta al vaglia dell’istituto creditizio, al fine di scongiurare eventuali forme di usura cosiddetta presunta precisiamo che esistono due forme di usura una presunta e l’altra definita in concreto. Per usura presunta si intende il caso in cui la banca concede un mutuo anche se a un tasso sotto soglia ma con interessi sproporzionati rispetto alla capacità economico finanziaria del debitore. Tale inciso viene enucleato All’articolo 644 cp, comma 3: “ sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite,[…] risultando comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, […] quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria”.Ulteriore distinzione tra le varie tipologie di reato questione e la differenza tra usura genetica ed usura sopravvenuta. Nell’usura genetica il contratto, con la promessa, sancisce il momento in cui viene consumato il delitto. Non vengono altresì considerati i versamenti effettuati in un tempo successivo alla pattuizione, ma sì istituiscono quali avvio per il cronometro prescrizionale. Specificatamente è possibile parlare non tanto di un reato continuato, ma di un reato ha consumazione prolungata; l’affermazione viene confermata da una sentenza della Cassazione e precisamente la sentenza numero 53479 del 2017 dove la Corte afferma: «ha ormai abbandonato l’orientamento che attribuiva all’usura la natura di reato istantaneo, sia pure con effetti permanenti, e ha affermato che, in tema di usura, qualora alla promessa segua – mediante la rateizzazione degli interessi convenuti – la dazione effettiva di essi, questa non costituisce un post factum penalmente non punibile, ma fa parte a pieno titolo del fatto lesivo penalmente rilevante e segna, mediante la concreta e reiterata esecuzione dell’originaria pattuizione usuraria, il momento consumativo “sostanziale” del reato, realizzandosi, così, una situazione non necessariamente assimilabile alla categoria del reato eventualmente permanente, ma configurabile secondo il duplice e alternativo schema della fattispecie tipica del reato, che pure mantiene intatta la sua natura unitaria e istantanea, ovvero con riferimento alla struttura dei delitti cosiddetti a condotta frazionata o a consumazione prolungata».4.     Per quanto concerne la configurazione del dolo è utile richiamare la pronuncia da parte della Corte di Cassazione nella sentenza numero 49318 del 2016 ritiene infondate le censure proposte dal ricorrente e si riporta ad un risalente filone giurisprudenziale, formatosi nella vigenza della vecchia formulazione dell’art. 644 c.p., secondo il quale il dolo eventuale non potrebbe mai connotare soggettivamente il delitto di usura. Ciò in quanto tale tipo di dolo postulerebbe una pluralità di eventi (conseguenti all'azione dell'agente e da questi voluti in via alternativa o sussidiaria nell'attuazione del suo proposito criminoso) che invece non si verificherebbero nel reato de quo, nel quale vi sarebbe l'attingimento dell'unico evento di ottenere la corresponsione o la promessa di interessi o vantaggi usurari, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile NORMA IN BIANCOVv l’articolo 644 CP, comma 3, costituisce il ponte tra il codice penale e la legge 108 del 96; nel dettaglio il codice delega la legge la fissazione del limite oltre il quale l’interesse assume l’accezione “usurario”. La legge 108 del 96 nell’articolo due comma uno indica con cadenza trimestrale la fissazione del cosiddetto tasso effettivo globale medio (TEGm) stabilito dal MEF; vv al comma quattro viene esplicitato il calcolo per ottenere il valore soglia, considerando anche la suddivisione nelle varie categorie creditizie. Tale valore è desunto Dall’aumento del 25% del TEGm al cui risultato vengono sommati quattro punti percentuali. Se la differenza tra il TEGm ed il valore soglia supera l’otto percento allora si parlerà chiusura cosiddetta oggettiva, proprio perché desunta attraverso un calcolo matematico. Diversamente l’usura soggettiva vieni a configurarsi dalla misura della capacità economico finanziaria del richiedente denaro, confermato dalla formula dell’articolo 644 CP comma tre. È giusto considerare che il valore soglia concordato per legge e comprensivo di commissione spese, escludendo imposte e tasse (comma 4). Nel comma 5 dell’articolo 644 CP è presente elencazione delle aggravanti; nello specifico aumento di pena previsto nella forbice che va da 1/3 sino alla metà nel caso in cui si presentino determinate circostanze: 1.     se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare;2.     se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari;3.     se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;4.     se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale;5.     se il reato è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l'esecuzione La disamina si conclude all’ultimo comma trattando l’argomento della confisca: “sempre applicata in caso di condanna”.  

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Infedeltà coniugale

16 mar. 2022 tempo di lettura 2 minuti

L'infedeltà di uno o di entrambi i coniugi è, forse, la più conosciuta vexata quaestio del nostro Ordinamento in tema di diritto di famiglia. Con l'introduzione dell'istituto del divorzio nel nostro Ordinamento, il Legislatore ha scelto come parametro decisorio il concetto di "addebito", intendendosi con questo termine la valutazione in capo al Giudice a chi fosse attribuibile il fallimento della comune vita coniugale. Già dall'indomani della riforma, la Giurisprudenza si è dovuta confrontare proprio con il tradimento coniugale quale causa di addebito della separazione. Comunemente, l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una grave violazione, che, determinando normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, è generalmente sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile. Tuttavia, recentissime pronunce della Cassazione hanno evidenziato la necessità di un nesso di causalità tra infedeltà e crisi coniugale: in altre parole, attraverso una rigorosa valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, bisogna escludere senza possibilità di dubbio alcuno la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale. In questo caso, infatti, l'infedeltà sarebbe solo il risultato (e non la causa) di una frattura tra i coniugi che ha avuto origine in un momento precedente. Il concetto di fedeltà coniugale va comunque inteso in senso lato, non solamente collegato al'aspetto sessuale: infatti, può ben accadere che una relazione anche senza risvolti sessuali possa assumere connotazioni intime tali da renderla incompatibile con gli obblighi nascenti dal matrimonio. Secondo la moderna interpretazione giurisprudenziale, infatti, l'infedeltà - qualunque forma essa abbia - rappresenta una lesione di un diritto dell'altro coniuge, ovverosia il diritto alla dignità e all'onore del partner tradito,che, come tali, rappresentano un bene tutelato dal nostro Ordinamento. Proprio per questo, l'aspetto sessuale del tradimento passa, oggi, in secondo piano: una relazione extra coniugale esternata per mezzo di social network è, indipendentemente dal mero rapporto fisico, indice non solo di un disinteresse da parte del soggetto agente ma rappresenta anche una lesione dell'onore e della dignità del coniuge "tradito" (ex plurimis, Cass. 1136/2020). Alla luce di quanto detto, è pertanto opportuno, in caso di infedeltà coniugale, confrontarsi subito con un professionista esperto della materia, evitando soluzioni "fai da te" che, per assurdo, potrebbero persino avere spiacevoli conseguenze per via della violazione di diritti alla privacy. Per quanto triste possa essere il fallimento di un matrimonio, è opportuno non perdere la calma, trovando la soluzione migliore per tutelare i propri interessi ed il proprio onore. Prof. Avv. Domenico Lamanna Di Salvo Matrimonialista - Divorzista - Curatore Speciale del Minore

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