Egregio Avvocato
Pubblicato il 11 gen. 2021 · tempo di lettura 6 minuti
Il reato di diffamazione “a mezzo social” è un’ipotesi aggravata del reato di diffamazione, previsto all’art. 595 c.p.; tale reato si configura quando sussistano alcuni requisiti, quali:
La diffamazione realizzata tramite i social è da ricondursi all’ipotesi più grave prevista al comma 3 dell’art. 595 c.p., che fa riferimento all’offesa arrecata con «qualsiasi altra forma di pubblicità».
La maggiore gravità di questa fattispecie deriva dal fatto che, in tali casi, si accentua l’offesa dell’onore e della reputazione della vittima perché il messaggio diffamatorio può essere comunicato a un numero di persone più elevato e ha maggiori possibilità di diffondersi.
Infatti, la semplice “visita” del social o del sito implica la possibilità di conoscere il contenuto diffamatorio da parte di un numero indeterminato di persone; ma, ancor più pericolosamente, gli stessi contenuti possono essere anche condivisi “in proprio” dagli utenti, attraverso le varie funzioni di cui i social sono provvisti, senza effettive possibilità di controllo da parte degli autori dei contenuti stessi. Basti pensare che, attraverso la ricerca per tag o parola chiave, i “like”, gli screenshot e i salvataggi dei post, qualsiasi utente che sia venuto a contatto col contenuto può riportarlo all’attenzione generale in qualsiasi momento.
Per tale ragione, la giurisprudenza ha ritenuto, ad esempio, irrilevante la circostanza che il “post” fosse pubblicato in un gruppo chiuso o sul profilo personale dell’utente, anche privato, nonché la grandezza del gruppo o il numero di destinatari originario – elementi, questi, che non eludono la possibile diffusione.
È comunque necessario che la persona offesa sia individuabile, anche per esclusione o in via deduttiva, attraverso il riferimento a caratteristiche personali di cui i destinatari del messaggio siano a conoscenza, non essendo invece necessario che sia indicata espressamente attraverso le sue generalità.
Nel caso di reato di diffamazione a mezzo social, si applicano le sanzioni previste all’art. 595 comma 3 c.p., cioè la reclusione da sei mesi a tre anni o la multa, non inferiore a 516 euro.
La pena potrebbe aumentare, inoltre, nel caso in cui, come spesso accade in tali casi, l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. In tal caso si applica anche la circostanza aggravante prevista al comma 2 del 595 c.p., e il giudice dovrà tenerne conto nel calcolo complessivo della pena.
Ulteriore aggravante e conseguente aumento di pena può aversi nel caso di offesa arrecata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ad una sua rappresentanza, nonché ad una Autorità costituita in collegio.
L’esigenza di tutela dell’altrui onore e reputazione, diritti fondamentali della persona, deve essere contemperata con il diritto, di pari rango primario e costituzionale, di manifestare liberamente il proprio pensiero.
Il reato di diffamazione non è pertanto configurabile quando la condotta sia considerabile lecita perché, ai sensi dell’art. 51 c.p., costituisce esercizio di un diritto, come quello di critica.
Ciò tuttavia vale purché il diritto sia esercitato nei limiti riconosciuti dalla legge e dalla giurisprudenza, quali: 1) la verità oggettiva dei fatti dichiarati (sui quali si fonda la valutazione del soggetto); 2) l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto (la critica non può consistere in offese “gratuite”); 3) la c.d. continenza espressiva (cioè l’uso di un linguaggio adeguato, che pur se “colorito” deve comunque essere strumentale alla comunicazione e non alla mera offesa); 4) una congrua motivazione del giudizio di disvalore espresso. Essi vanno in ogni caso parametrati nel contesto di riferimento.
A tal proposito, può notarsi come la giurisprudenza abbia ritenuto che l’ironica recensione pubblicata da un utente insoddisfatto su portali di recensione come Tripadvisor o Airbnb non sia diffamatoria perché il gestore di un esercizio pubblico, quando entra nel mercato, accetta il rischio di offrire servizi non graditi e criticabili.
Innanzitutto, vi sono quelli più immediati, ma di portata limitata, relativi al social network stesso. Di norma è infatti possibile segnalare il contenuto offensivo di un messaggio, chiedendone la cancellazione immediata o perfino il “ban” dell’utente dalla piattaforma.
È poi possibile intraprendere la via giudiziale, sia in sede penale, sia – alternativamente o contestualmente – in sede civile.
La vittima del reato può decidere di sporgere formale querela, entro 90 giorni dalla verificazione dei fatti e in seguito può costituirsi parte civile per chiedere il risarcimento dei danni subiti, oppure instaurare un’autonoma azione in sede civile per ottenere il risarcimento stesso. A tal fine, è possibile anche promuovere la sola azione civile, senza intraprendere il procedimento penale.
La persona offesa dalla diffamazione potrà chiedere il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, quali la riduzione dei redditi conseguente alla condotta diffamatoria (rileva anche la perdita di occasioni lavorative importanti), ma anche le conseguenze derivate dalla lesione dei suoi diritti inviolabili.
Al fine di garantire una tutela immediata della vittima, in sede penale, il giudice potrà disporre in sede cautelare il sequestro preventivo delle pagine web in cui il messaggio diffamatorio è contenuto, ad esempio dei gruppi Facebook, con l’oscuramento dei profili sulla pagina web qualora ritenga sussistente il pericolo di aggravamento o protrazione delle conseguenze o l’agevolazione del reato stesso. Non si applicano, infatti, le tutele previste per la stampa e i giornali telematici, che limitano le possibilità dei rimedi cautelari.
Editor: dott.ssa Anna Maria Calvino
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Egregio Avvocato
13 set. 2021 • tempo di lettura 6 minuti
Ai sensi dell’art. 85 c.p., “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile”. Secondo la medesima disposizione, “È imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere”.L’imputabilità costituisce, pertanto, uno dei presupposti perché possa affermarsi la responsabilità penale per il fatto commesso dal reo. La nozione di “imputabilità”Le cause codificate di esclusione della capacità di intendere e di volere (cenni)La nozione di “infermità” nell’ambito del diritto penaleVizio totale e vizio parziale di mente1 - La nozione di “imputabilità”Secondo quanto dispone l’art. 85 c.p., l’imputabilità – ossia la capacità di intendere e di volere al momento della commissione del fatto – è un requisito necessario affinché possa muoversi un rimprovero all’autore di un reato. Secondo l’orientamento maggioritario in giurisprudenza, infatti, l’imputabilità è proprio quella particolare condizione dell’autore di un reato che rende possibile la rimproverabilità del fatto: solo chi è capace di apprezzare il significato delle proprie azioni e di determinarsi a commetterle, esercitando i propri poteri volitivi, può essere destinatario di un rimprovero e, quindi, di una pena.L’imputabilità equivale, in definitiva, alla capacità del soggetto agente di intendere il significato del proprio comportamento, nel contesto sociale in cui agisce (capacità di intendere), e all’attitudine ad attivare e governare i poteri di impulso e di inibizione del proprio agire, auto-determinandosi (capacità di volere). Questi due presupposti dell’imputabilità devono coesistere, in capo all’autore di un reato, nel momento in cui il fatto viene commesso: l’accertamento della capacità di intendere e di volere del soggetto agente deve essere condotto in relazione allo specifico fatto per cui si procede nonché tenendo conto delle specifiche caratteristiche della condotta e dell’offesa che ne sia derivata.2 - Le cause codificate di esclusione della capacità di intendere e di volere (cenni)Dal combinato disposto degli artt. 97-98 c.p., emerge che il legislatore presume sussistente la capacità di intendere e di volere in capo a chi abbia compiuto gli anni diciotto: ciò significa che non è necessario provare positivamente che l’autore del reato era capace di intendere e di volere al momento del fatto ma, al contrario, è possibile dimostrare che non lo era.In questo senso, è possibile provare l’esistenza di una delle cause di esclusione dell’imputabilità, disciplinate dagli artt. 88 s.s.. Si tratta, in particolare, delle seguenti condizioni:lo stato di infermità (artt. 88-89 c.p.);il sordomutismo (art. 96 c.p.);l’uso di alcool e di sostanze stupefacenti quando siano derivate da caso fortuito o da forza maggiore (artt. 91 e 93 c.p.) e quando siano croniche (art. 95 c.p.);la minore età (artt. 97-98): qui per un approfondimento su questo tema.In alternativa, è possibile vincere la presunzione relativa di imputabilità dimostrando che il soggetto non era comunque in grado di intendere e di volere: secondo l’orientamento maggioritario, infatti, le cause di esclusione dell’imputabilità non sono tassative ma possono essere integrate anche da fattori diversi da quelli previsti ex lege.3 - La nozione di “infermità” nell’ambito del diritto penaleL’art. 88 c.p. afferma che “Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o di volere”. È centrale, di conseguenza, stabilire cosa si intenda per “infermità” e, in particolare, se questo concetto sia o no equivalente a quello di “malattia”: in base al significato che si attribuisce al concetto di “infermità”, infatti, la stessa nozione di imputabilità sarà più ampia o più ristretta.Considerata nel suo significato letterale, l’“infermità” è un concetto ampio, che comprende anche disturbi psichici di carattere non strettamente patologico, come le nevrosi o i disturbi della personalità. Il contrasto su questo punto ha portato, nel 2005, all’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che hanno risolto i dubbi interpretativi relativi all’accertamento dell’imputabilità nei casi di vizio di mente. Fino a quel momento, due orientamenti si contendevano il campo:l’impostazione tradizionale richiedeva che si trattasse di un’infermità certa e documentata, riferibile ad una precisa patologia scientificamente individuata: è infermità solo il disturbo psichico che poggia su una base organica e che possiede caratteri patologici così definiti da poter essere ricondotto ad un preciso quadro nosografico-clinico. Secondo questa tesi, che era quella maggioritaria, non potevano incidere sull’imputabilità le c.d. “anomalie” psichiche;l’impostazione minoritaria, invece, prediligeva una maggiore autonomia della valutazione giuridica rispetto alle classificazioni medico-nosografiche: è infermità anche il disturbo psichico che non può precisamente essere inquadrato a livello clinico, a condizione che si possa fondatamente sostenere che esso comunque compromesso, in concreto, la capacità di intendere e di volere dell’imputato. Secondo questa tesi, potevano escludere l’imputabilità anche le alterazioni mentali atipiche, come le psicopatie.Le Sezioni Unite hanno aderito ad una nozione normativa di infermità: rilevano, ai fini dell’imputabilità, anche le cause non riconducibili a precise patologie ma che risultino idonee ad escludere (o scemare grandemente, come vedremo) la capacità di intendere e di volere. La Cassazione ha rilevato, in particolare, come il generico riferimento all’infermità consente di escludere che il legislatore abbia aderito al tradizionale modello nosografico, di carattere tassativo, in favore di una impostazione di carattere funzionale, volta a verificare se una determinata causa consenta di escludere la capacità di intendere e di volere, a prescindere dalla esatta qualificazione medico-scientifica della stessa. Secondo questa impostazione, di conseguenza, anche i gravi disturbi di personalità, le nevrosi e le psicopatie sono idonei ad escludere la capacità di intendere e di volere dell’autore di un reato, qualora abbiano inciso sulla commissione del fatto. Da ultimo, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 90 c.p., sono irrilevanti gli stati emotivi o passionali (quali, ad esempio, la gelosia), a meno che sfocino in una vera e propria infermità. Potranno, in questo senso, rilevare condizioni come reazioni a corto circuito, squassi emotivi, raptus, discontrolli episodici. 4 - Vizio totale e vizio parziale di menteTanto premesso sulla nozione di infermità, il codice distingue due diversi gradi del vizio di mente:vizio totale di mente: è tale, ai sensi dell’art. 88 c.p., quella particolare infermità che esclude del tutto la capacità di intendere e di volere del soggetto agente. In questo caso, il soggetto agente non può essere punito;vizio parziale di mente: a norma dell’art. 89 c.p., è quell’infermità che diminuisce grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere o di volere. In questo caso, il soggetto agente risponde del reato commesso, ma la pena è diminuita fino a un terzo.La distinzione fra le due forme di vizio di mente è affidata ad un criterio quantitativo: il vizio parziale è quell’anomalia che investe tutta la mente ma in maniera meno grave rispetto al vizio totale di mente. L’accertamento sul quantum di infermità deve essere accertato in concreto, caso per caso, in sede processuale, tenendo conto delle caratteristiche del disturbo e dell’esperienza soggettiva del singolo nei confronti del particolare delitto commesso.Editor: dott.ssa Elena Pullano
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Egregio Avvocato
21 lug. 2023 • tempo di lettura 5 minuti
Lo stalking organizzato è un sistema di “guerra non convenzionale/psicologica“, di persecuzione e di tortura che ha come scopo l’eliminazione di un obbiettivo, di solito attivisti politici non controllati, ricercatori delle cospirazioni, gente che si oppone all’immigrazione e al globalismo, spie, gente che tenta di denunciare gravi crimini e abusi perpetrati da parte di grandi aziende o organizzazioni statali eccetera. Lo stalking organizzato è secondo me un metodo per portare avanti la dittatura del nuovo ordine mondiale.Lo stalking organizzato è un programma simile al programma COINTELPRO dell’FBI in cui l’FBI prendeva di mira, sabotava, screditava ed eliminava attivisti politici in diversi modi e si infiltrava in organizzazioni politiche. È anche simile – una combinazione tra i due programmi – al progetto MKULTRA della CIA, visto che alcune vittime prese di mira (Targeted Individuals) vengono attaccate con armi elettroniche (armi ad energia diretta e controllo mentale) e usate come cavie umane per testarle.Lo stalking organizzato si potrebbe definire anche come un nuovo “Phoenix Program” su scala globale, un programma in cui la CIA in Vietnam selezionava obbiettivi civili che venivano messi in delle liste per poi venire neutralizzati/eliminati.Lo stalking organizzato è anche molto simile alla tecnica “Zersetzung” che veniva usata dalla STASI, la polizia segreta della Germania dell’est durante il comunismo, in cui 1 cittadino su 6 lavorava come collaboratore non ufficiale per i servizi segreti.“Una guerra silenziosa si sta verificando nelle città di tutto il mondo. Viene coperta dai media, dalla psichiatria, dalle organizzazioni non governative (ONG) e dai politici. Ora che l’élite finanziaria ha finito di usare le forze armate americane e i loro alleati per conquistare nazioni con l’obbiettivo del totale dominio mondiale, stanno neutralizzando individui e gruppi di individui che vivono tra le popolazioni civili che ancora resistono. Per lo scopo hanno reclutato gran parte della popolazione civile per perseguitare coloro che sono stati identificati come nemici. Le “forze di sicurezza” stanno conducendo operazioni psicologiche (PsyOps) contro civili e torturandoli con armi ad energia diretta. L’intera operazione è al servizio di un gruppo di ricchi psicopatici che governano la nostra società, come parte di una rivoluzione mondiale creata per portare avanti una dittatura mondiale conosciuta come il Nuovo Ordine Mondiale.” – New world War: Revolutionary Methods for Political Control by Mark M. RichLo stalking organizzato è un operazione civile-militare (CMO) illegale/criminale (mettiamo che abbiano una qualche legge o ordine esecutivo che li permette di portare avanti queste operazioni, questa gente hanno truffato in massa e mentito per ottenere tali leggi anticostituzionali/criminali e quindi sono illegali sotto ogni aspetto come l’operazione stessa) portata avanti da una coalizione internazionale formata da lavoratori, aziende, civili, militari, agenti segreti, forze di polizia, organizzazioni non governative (NGO) e organizzazioni intergovernative (IGO). I metodi e le tattiche principali usate da questa forza multinazionale per neutralizzare/distruggere obbiettivi civili sono le “operazioni psicologiche” (PsyOps) e le “armi non letali“.“C’è un protocollo di base usato in ogni nazione della NATO con il quale cominciano le operazioni di stalking organizzato.Iniziano con la sorveglianza illegale degli obiettivi, il monitoraggio della loro vita privata e violando il loro domicilio. Questo viene fatto in modo da profilare i tratti della loro personalità.‘C’è un protocollo di base con il quale gli stalkers iniziano’, afferma McKinney, ‘ma l’individuo bersaglio (Targeted Individual) contribuisce alla modifica.’Dr. Munzert parla fondamentalmente dello stesso modello che descrive come una “strategia a doppio taglio”.‘Una parte consiste nell’attaccare le vittime con armi a microonde (armi ad energia diretta)’ e l’altra parte della strategia, dice, ‘è quella di cercare di fare passare gli individui bersaglio come pazzi.’” – The Hidden Evil Mark M. Rich“Lo stalking organizzato è una forma di terrorismo utilizzato nei confronti di un individuo in cui si tenta di ridurre la qualità della vita di una persona e fare in modo che: abbia un esaurimento nervoso, venga incarcerata, istituzionalizzata, subisca costantemente dolore mentale, emotivo o fisico, diventi un senza tetto e finisca con il suicidarsi. Il tutto viene fatto usando accuse ben orchestrate, bugie, diffamazioni, false indagini, intimidazioni, minacce dirette o subliminali, vandalismo, furti, sabotaggi, torture, umiliazioni, terrorismo psicologico e molestie in generale. È un sistema in cui molti agiscono contro un individuo nella comunità venendo coordinati da un organizzatore che recluta gente per partecipare nella sistematica persecuzione di un individuo e per terrorizzarlo.”La maggior parte degli “stalkers” – dipende dai livelli – non sanno di cosa si tratti veramente, pensano che sia una forma di mobbing organizzato al di fuori del posto di lavoro e vengono usati per sensibilizzare la vittima a nuovi inneschi e torturarla. O viene detto loro che l’obbiettivo preso di mira (Targeted Individual) è un individuo pericoloso o potenzialmente pericoloso e che deve per un qualche motivo essere controllato. No, al contrario di quello che molti pensano lo stalking organizzato non ha niente a che fare con il mobbing, punire/controllare criminali o con il “normale” stalking in cui un uomo – o donna – molesta e perseguita la sua ex. Nello stalking organizzato è l’intero stato, l’imprenditoria privata eccetera che ti fa stalking non degli individui che agiscono di propria iniziativa.Alcune delle tattiche più usate nello stalking organizzato sono: le campagne diffamatore, campagne di rumore, campagne di sensibilizzazione (PNL), mirroring, operazioni psicologiche (PsyOps), Gaslighting, Street Theater e altro.Tattica di stalking organizzato – Campagne di rumoreQuesta tattica consiste nel molestare costantemente la vittima con rumori, generare rumori con trapani e altri macchinari, sbattere intenzionalmente porte e tutto il resto. Serve chiaramente per tenere la vittima in uno stato di stanchezza e confusionale e per sensibilizzare la vittima a dei suoni per la tortura e le persecuzioni.Tattica di stalking organizzato – Campagne di sensibilizzazione PNLQuesta tattica consiste nel sensibilizzare – con la ripetizione – la vittima a gesti, oggetti, parole, suoni, simboli per torturarla e perseguitarla. Serve per fare sapere alla vittima che viene seguita ovunque mostrando il simbolo, la parola eccetera a cui è stata sensibilizzata. Gli stalkers cercano di sensibilizzare la vittima a più parole, oggetti, scene eccetera possibile così da torturarla molto di più ma senza dare nell’occhio perché una volta è un numero, una volta è un gesto e così via. Questi oggetti, gesti, suoni eccetera vengono poi associati a emozioni di tipo negativo come la rabbia, l’impotenza e la paura diventando così degli inneschi PNL (NLP Triggers) che evocano appunto emozioni di tipo negativo. Gli stalkers usano eventi che occorrono anche normalmente e ne aumentano la frequenza.Gli stalkers nascondono gran parte delle loro molestie usando una semplice formula.Da quello che ho potuto constatare le formule base sono:La frequenza: descrive quanto spesso un evento accada. Riguarda anche il numero di atti durante un singolo evento.Durata: riguarda la lunghezza di un singolo evento. Riguarda anche la natura delle molestie che sono continue e non finiscono mai.Intensità: l’amplificazione degli atti come fare rumore, la vista, l’affollamento, eccetera all’interno di un evento.
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27 set. 2023 • tempo di lettura 4 minuti
Il termine "Wokefisher" è un neologismo che combina due parole: "woke" e "catfisher". Per comprenderlo meglio, è utile comprendere il significato di entrambi questi termini:Woke: "Woke" è un termine slang che deriva dall'inglese afroamericano e che è stato adottato in modo più ampio per descrivere una persona che è socialmente consapevole e attenta alle questioni di giustizia sociale, in particolare legate a questioni come il razzismo, il sessismo, l'omofobia e altre forme di discriminazione. Una persona "woke" è generalmente vista come qualcuno che è impegnato nell'attivismo e nella promozione dell'uguaglianza e della diversità.Catfisher: "Catfish" è un termine usato per descrivere una persona che crea un falso profilo online, spesso con foto e informazioni inventate, per ingannare o trarre in inganno gli altri. Questo termine deriva da un documentario e da una serie televisiva chiamati "Catfish" che esplorano le storie di persone che si sono fatte ingannare da individui che hanno creato identità fittizie online.Quando si parla di "Wokefisher", si fa riferimento a una persona che finge di essere "woke" o socialmente consapevole, ma lo fa in modo disonesto o ipocrita.In altre parole, un "Wokefisher" è qualcuno che adotta una posizione apparentemente progressista o attivista per attirare o manipolare gli altri, ma in realtà non è autentico o impegnato nelle questioni di giustizia sociale.Il termine "Wokefisher" è stato coniato per mettere in evidenza l'ipocrisia di coloro che cercano di apparire socialmente consapevoli o progressisti per guadagnare l'approvazione o l'attenzione degli altri, senza avere un vero impegno verso le questioni di giustizia sociale. Questo termine è spesso utilizzato per criticare le persone che sembrano abbracciare le idee progressiste solo superficialmente o per vantarsi delle loro convinzioni senza un reale coinvolgimento attivo in cause sociali.Il suo comportamento e' sicuramente moralmente discutibile e assolutamente manipolatorio.Di seguito solo alcune delle azioni che un "Wokefisher" potrebbe compiere:Fingere convinzioni sociali per attirare qualcuno: Un "Wokefisher" potrebbe mentire sulle sue convinzioni sociali o politiche per attirare qualcuno in una relazione o amicizia. Ad esempio, potrebbe sostenere di condividere le stesse opinioni politiche o di essere attivamente coinvolto in cause di giustizia sociale solo per guadagnare l'interesse o la simpatia degli altri.Strumentalizzare cause sociali: Un "Wokefisher" potrebbe strumentalizzare cause di giustizia sociale o lotte per i diritti come parte di una strategia per ottenere benefici personali, come guadagnare popolarità, ottenere vantaggi professionali o finanziari, o evitare la critica.Ipercritica o fingerpointing: Potrebbe essere incline a criticare o giudicare gli altri per non essere abbastanza "woke" o consapevoli, mentre lui stesso non vive secondo i valori che proclama. Questo comportamento può essere considerato ipocrita e divisivo.Diffondere disinformazione: Un "Wokefisher" potrebbe diffondere disinformazione o informazioni distorte su questioni di giustizia sociale per promuovere una narrativa che gli conviene, anche se queste informazioni non sono accurate.Tuttavia, il comportamento di un "Wokefisher" può avere conseguenze sociali, come la perdita di fiducia e il danneggiamento delle relazioni personali o professionali e puo' commettere reati o violazioni legali a seconda delle azioni specifiche che compie per fingere o manipolare gli altri.Ecco alcune possibili azioni che un "Wokefisher" potrebbe intraprendere e che potrebbero comportare conseguenze legali:Frode: Se il "Wokefisher" utilizza il suo finto impegno sociale o politico per ottenere denaro, benefici o vantaggi in modo fraudolento, potrebbe essere accusato di frode.Diffamazione: Se diffonde informazioni false o diffamatorie sulle persone o sulle organizzazioni nelle sue simulazioni o manipolazioni, potrebbe essere soggetto a denunce di diffamazione o calunnia, a seconda delle leggi locali.Violazione dei diritti d'autore: Se utilizza materiale protetto da copyright senza autorizzazione per promuovere una falsa immagine di attivismo, potrebbe essere accusato di violazione dei diritti d'autore.Violazione della privacy: Se il "Wokefisher" invade la privacy degli altri raccogliendo informazioni personali o diffondendo informazioni sensibili in modo non autorizzato, potrebbe violare le leggi sulla privacy.Incitamento all'odio: Se il comportamento del "Wokefisher" include la promozione dell'odio, della discriminazione o della violenza nei confronti di determinati gruppi o individui, potrebbe violare leggi antidiscriminazione o essere accusato di incitamento all'odio.È importante notare che le conseguenze legali dipenderanno dalle leggi specifiche del paese o dello stato in cui si verificano le azioni del "Wokefisher" e dalle circostanze specifiche di ciascun caso. In ogni caso, è responsabilità delle autorità legali determinare se un comportamento costituisce un reato e intraprendere le azioni legali appropriate.Prof. Dr. Giovanni MoscagiuroStudio delle Professioni e Scienze forensi e Criminologia dell'Intelligence ed Investigativa Editori e Giornalisti europei in ambito investigativo Diritto Penale , Amministrativo , Tributario , Civile Pubblica Amministrazione , Esperto in Cybercrime , Social Cyber Security , Stalking e Cyberstalking, Bullismo e Cyberbullismo, Cybercrime, Social Crime, Donne vittime di violenza, Criminologia Forense, dell'Intelligence e dell'Investigazione, Diritto Militare, Docente di Diritto Penale e Scienze Forensi, Patrocinatore Stragiudiziale, Mediatore delle liti, Giudice delle Conciliazioni iscritto all'albo del Ministero di Grazia e Giustizia, Editori e Giornalisti European news Agencyemail: studiopenaleassociatovittimein@gmail.com
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23 mag. 2022 • tempo di lettura 5 minuti
Ai sensi dell’art. 609-bis c.p., è punito chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali. Ma cosa si intende per “atti sessuali”?Cenni sul delitto di violenza sessualeLa nozione di “atti sessuali”La rilevanza del bacio nelle pronunce della Corte di Cassazione1 - Cenni sul delitto di violenza sessualeL’art. 609-bis c.p. tutela la libertà sessuale, cioè la libertà di autodeterminarsi in ordine alla propria sfera sessuale ed agli atti che la compongono.Le condotte prese in considerazione sono essenzialmente due: violenza sessuale per costrizione (co. 1), realizzata per mezzo di violenza, minaccia o abuso di autorità;violenza sessuale per induzione (co. 2), attuata mediante abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa o mediante inganno, per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.Il consenso al rapporto sessuale deve perdurare per tutta la durata del rapporto sessuale, non solo all'inizio: il delitto è integrato quando il consenso originariamente prestato venga meno a causa di un ripensamento o a causa della non condivisione delle modalità di consumazione del rapporto.Il consenso, inoltre, deve essere prestato validamente e coscientemente.L’art. 609-bis u. co. c.p. prevede una circostanza attenuante ad effetto speciale ed indefinita, qualora la compressione della libertà sessuale sia minima avuto riguardo al fatto concreto e delle circostanze.La violenza sessuale è punita con la reclusione da sei a dodici anni ed è procedibile a querela di parte: la querela deve essere proposta entro dodici mesi dal fatto ed è irrevocabile.2 - La nozione di “atti sessuali”Il concetto di “atti sessuali” è poco determinato e ha causato, per questo motivo, un dibattito. In particolare, tradizionalmente sono state proposte due tesi volte a perimetrare la nozione di atto sessuale penalmente rilevante.Per la tesi oggettivo-anatomica, gli atti penalmente rilevanti vengono selezionati mediante il parametro della zona del corpo attinta dagli atti sessuali: è centrale il concetto di zona erogena, per come è intesa dalla scienza medica e dalle scienze psicologica, antropologica e sociologica.A questa tesi si contrappone quella oggettivo-contestuale, secondo la quale si dovrebbero invece considerare il contesto e le varie circostanze nelle quali l'atto viene commesso, al fine di determinarne la natura sessuale (ad es. viene spesso citata la “pacca” sui glutei di una conoscente o la natura di saluto dei baci sulla bocca in talune culture, quale quella russa).La giurisprudenza accoglie prevalentemente la seconda tesi: per stabilire ciò che può considerarsi atto sessuale non è sufficiente fare riferimento alle parti anatomiche aggredite, ma occorre tenere conto dell'intero contesto in cui il contatto si è realizzato e della dinamica intersoggettiva. Di conseguenza, nel concetto di atti sessuali deve ricomprendersi ogni atto comunque coinvolgente la corporeità della persona offesa, posto in essere con la coscienza e volontà di compiere un atto invasivo della sfera sessuale di una persona non consenziente. In quest’ottica, anche un bacio, un abbraccio o un palpeggiamento sono idonei a compromettere la libertà sessuale dell'individuo, qualora, tenendo conto di tutti gli elementi del caso concreto, emerga una indebita compromissione della sessualità del soggetto passivo.Ne consegue che ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, il giudice di merito deve accertare la rilevanza di tutti quegli atti che, in quanto non direttamente indirizzati a zone chiaramente definibili come erogene, possono essere rivolti al soggetto passivo anche con finalità del tutto diverse, come i baci o gli abbracci: in particolare, il giudicante deve fare una valutazione che tenga conto della condotta nel suo complesso, del contesto sociale e culturale in cui l’azione è stata realizzata, della sua incidenza sulla libertà sessuale della persona offesa, del contesto relazionale intercorrente fra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante. Con particolare riferimento al bacio sulla bocca, la Corte di Cassazione ha in più occasioni affermato che esso integra il reato di violenza sessuale, se dato senza il consenso, anche se limitato al semplice contatto delle labbra: il bacio sulla bocca perde il suo connotato sessuale solo se è dato in particolari contesti sociali o culturali, dove è solo un segno di affetto.3 - La rilevanza del bacio nelle pronunce della Corte di CassazioneLa Cassazione ha, quindi, in molte occasioni, qualificato il bacio come atto sessuale. Di recente ha affermato che nel reato di violenza sessuale, l’elemento della violenza può estrinsecarsi, oltre che in una sopraffazione fisica, anche nel “compimento insidiosamente rapido dell’azione criminosa tale da sorprendere la vittima e da superare a sua contraria volontà, così ponendola nell’impossibilità di difendersi” (Cass. Pen., 19 gennaio 2018, n. 47265). Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un dentista che aveva baciato sulla bocca, in modo repentino, una minore, dopo averla fatta accomodare sulla poltrona e averle controllato l’apparecchio ortodontico: nella pronuncia si legge che l’estemporanea iniziativa del dentista aveva colto di sorpresa la minore e l’aveva posta in una condizione di impossibilità di reagire e di esprimere il suo dissenso. In un diverso caso, la Suprema Corte ha ritenuto penalmente rilevante la condotta di un medico di guardia presso una casa di riposo che, dopo essersi avvicinato velocemente ad un’operatrice sanitaria alla quale non era legato da alcun particolare rapporto confidenziale, l’aveva baciata sulla bocca con una forte pressione (Cass. Pen., 26 novembre 2014, n. 964). Ancora, la Cassazione ha affermato che è idonea a offendere la libertà di autodeterminazione sessuale “la condotta rapida e insidiosa di chi stringe con forza una donna fra le braccia baciandola sul collo, nella piena consapevolezza di un rifiuto inequivocabilmente e reiteratamente palesato” (Cass. Pen., 9 giugno 2006, n. 19808). In definitiva, il bacio sulla bocca dato in assenza di consenso – al di fuori dei contesti in cui assume valenza di saluto (come nella tradizione russa) o segno di affetto privo di valenza sessuale (come in alcuni contesti familiari o parentali) – è penalmente rilevante, indipendentemente dalla sua profondità, anche se limitato al semplice contatto delle labbra, in quanto attinge una zona generalmente considerata erogena.Editor: dott.ssa Elena Pullano
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