Egregio Avvocato
Pubblicato il 21 feb. 2022 · tempo di lettura 6 minuti
L’adozione dei minori è uno strumento che ha lo scopo primario di procurare una famiglia ai minori che ne siano privi o che non ne abbiano una idonea.
La materia è disciplinata dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, denominata “Diritto del minore ad avere una famiglia”.
In questo contributo esamineremo la c.d. “adozione legittimante”, la quale fa venire meno ogni legame tra la famiglia di origine ed il minore, che acquista lo stato di figlio nato nel matrimonio dei genitori adottivi.
Secondo il combinato disposto degli artt. 1 e 5 della l. 184/1983, “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”, senza distinzioni di sesso, etnia, età, lingua o religione e “nel rispetto della [sua] identità culturale”.
Da queste norme si ricava che il diritto del minore di crescere nella propria famiglia è prioritario e che l’adozione è un rimedio eccezionale a situazioni di emergenza: si tratta di uno strumento per sottrarre il minore ad una situazione grave e patologica, tramite la sostituzione della famiglia d’origine con una nuova famiglia.
La legge, pertanto, individua, da un lato, i presupposti in presenza dei quali il minore viene dichiarato “adottabile” e, dall’altro lato, i meccanismi selettivi tramite i quali selezionare le famiglie idonee all’adozione.
In primo luogo, affinché possa aver luogo l’adozione, è necessario che il tribunale per i minorenni dichiari il minore “in stato di adottabilità”.
Questa dichiarazione è ammessa nei confronti dei minori che si trovino “in situazioni di abbandono”. L’art. 8 l. 184/1983 precisa che questa situazione ricorre quando il minore sia “privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi”. È importante precisare che non dà luogo a situazione di abbandono la condizione di indigenza della famiglia: la legge prevede, infatti, che lo Stato e gli enti locali sostengano i nuclei familiari a rischio proprio al fine di prevenire situazioni di abbandono dei minori.
Una volta ricevuta la segnalazione dello stato di abbandono in cui si trovi un minore, il tribunale per i minorenni deve assicurare ai genitori il diritto di difesa e compiere gli opportuni accertamenti. Più in particolare, la dichiarazione di adottabilità viene pronunciata, con sentenza, solo se:
Con la pronuncia dello stato di adottabilità, viene sospesa la responsabilità genitoriale dei genitori e il giudice nomina un tutore al minore.
A questo punto, il minore viene collocato in affidamento preadottivo presso la coppia ritenuta idonea (che deve avere i requisiti che a breve indicheremo). Se il minore ha già compiuto 14 anni, è necessario anche che egli presti il consenso alla coppia prescelta. Se, invece, il minore ha compiuto gli anni 12 anni o sia abbastanza maturo da avere una autonoma capacità di discernimento, la sua audizione è solo facoltativa.
Con l’affidamento preadottivo si instaura una sorta di adozione provvisoria, che deve durare almeno un anno. In caso di esito favorevole della prova, il tribunale pronuncia la sentenza di adozione: per effetto della sentenza, il minore acquista lo status di figlio nato nel matrimonio degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome.
I soggetti interessati all’adozione devono avere due requisiti fondamentali.
Devono essere uniti in matrimonio da almeno tre anni (o aver stabilmente e continuativamente convissuto, prima del matrimonio, per almeno tre anni), non separati nonché idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare.
Ne consegue che, in Italia, non è ammessa l’adozione da parte di una persona sola né da parte di coppie di conviventi more uxorio.
L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto anni l’età dell’adottato ma non deve superarla di più di quarantacinque anni. Questa regola subisce delle deroghe:
Le deroghe alla differenza di età sono ammesse:
La coppia di coniugi che intenda adottare un minore deve presentare una domanda presso il tribunale per i minorenni, la cui cancelleria generalmente fornisce i moduli necessari allo scopo. La coppia può inoltrare più domande, anche successive, a più tribunali per i minorenni, purché ne dia comunicazione a tutti i tribunali.
La domanda di adozione si sostanzia in una dichiarazione di disponibilità ad adottare un bambino dichiarato adottabile dal tribunale, specificando se vi è la disponibilità ad adottare più fratelli o minori portatori di handicap.
Alla domanda devono essere allegati alcuni documenti tra i quali, ad esempio, il certificato di nascita dei richiedenti, lo stato di famiglia, il certificato del medico di medicina generale che attesti la buona salute di entrambi i coniugi, la dichiarazione che attesti lo stato di non separazione dei coniugi.
La domanda decade dopo tre anni dalla presentazione ma può essere rinnovata.
Una volta ricevuta la domanda della coppia, il tribunale per i minorenni svolge delle indagini – da concludersi entro 120 giorni ma prorogabili sino ad altri 120 giorni – con l’aiuto dei servizi socio assistenziali per verificare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge (quindi i requisiti di età, di stabilità del rapporto tra i coniugi, la capacità di educare il minore) nonché la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare dei richiedenti, i loro motivi.
Sulla base delle indagini effettuate, il tribunale sceglie, tra le coppie che hanno presentato domanda, quella maggiormente idonea a provvedere alle esigenze del minore.
A questo punto, dopo aver disposto l’audizione del pubblico ministero, dei genitori dei richiedenti, del minore che ha compiuto i 12 anni e anche del minore di età, in considerazione della sua capacità di discernimento, il tribunale per i minorenni dispone l’affidamento preadottivo alla coppia prescelta.
Il tribunale continua a vigilare sull’affidamento preadottivo, anche avvalendosi del giudice tutelare e dei servizi locali sociali e consultoriali nonchè adottando i provvedimenti che si rendano necessari in caso di difficoltà nel rapporto di convivenza tra gli affidatari ed il minore.
Segnaliamo che, a seconda del tribunale presso il quale si presenta la domanda, i documenti che la corredano possono variare: sarà dunque opportuno che si acquisiscano informazioni prima di inoltrarla.
Editor: dott.ssa Elena Pullano
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Egregio Avvocato
26 apr. 2023 • tempo di lettura 1 minuti
Con l' entrata in vigore della nuova riforma . Richiedi assistenza separazione e divorzi ed anche per redigere il piano genitoriale nel caso di figli minori.Con l’entrata in vigore della nuova riforma in materia di famiglia, occorre redigere il piano genitoriale.Cos’è un piano genitoriale?Il piano genitoriale è un documento redatto (con l’aiuto di un avvocato esperto in diritto di famiglia o di un mediatore familiare) dai due genitori che hanno deciso di interrompere la convivenza e la propria relazione sentimentale.E’ uno strumento efficacissimo per facilitare gli accordi sulla genitorialitàIl piano genitoriale è fondamentale per la gestione dei problemi che inevitabilmente si dovranno sostenere con l’altro genitore e per la cura e l’educazione dei figli dopo la separazione.Un piano genitoriale ben scritto può fungere da mappa per la gestione del nucleo familiare post-separazione. Un buon piano genitoriale deve privilegiare il benessere dei figli e la tutela dei loro interessi.Lo studio legale fornisce assistenza per separazione e divorzi in tutto il territorio nazionale.
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25 set. 2023 • tempo di lettura 3 minuti
Nell'esecuzione degli incarichi affidatici prestiamo particolare attenzione alla tutela dei soggetti più deboli (ovverosia i minori), i cui diritti - pur sulla carta indiscutibilmente riconosciuti a livello nazionale e internazionale - vengono spesso messi in secondo piano nelle vicende patologiche del rapporto coniugale. Oggi vogliamo dedicare particolare attenzione all’adozione in casi particolari: l’adozione mite attuata, per la prima volta, dal Tribunale per i minorenni di Bari, con una pronuncia del 7 maggio 2008.Per adozione mite si intende una particolare tipologia di adozione, in quanto pur sussistendo una inidoneità genitoriale, si vuole tutelare l’interesse del minore a mantenere un rapporto con la famiglia di origine. Ovviamente, si tratta di un’ipotesi che deve essere vagliata attentamente dal giudice, in quanto il bambino viene adottato, ma conserva il legame con i genitori biologici.Il giudice chiamato a decidere sulla dichiarazione di adottabilità, cioè sullo stato di abbandono, deve preliminarmente accertare la sussistenza dell’interesse del minore a conservare il legame con i genitori biologici, in considerazione dell’affetto dimostrato dagli stessi. In assenza di questo interesse (ad esempio, perché il padre e la madre sono assolutamente incapaci di prendersi cura del proprio figlio anche dal punto di vista educativo), allora sarà più opportuno optare per l’adozione piena e legittimante.Dobbiamo, adesso, chiarire in quali casi si può ricorrere all’adozione mite. L’adozione mite può essere pronunciata in tutti quei casi in cui i genitori versano in condizioni economiche precarie, soffrano di gravi malattie ovvero nei casi di affidamento sine die. In genere, l’affido non può durare più di ventiquattro mesi. Tale termine, però, può essere prorogato dal tribunale qualora la sospensione possa recare un pregiudizio al bambino. Se il progetto viene reiterato di volta in volta, tanto da essere a tempo indeterminato, si parla di affido sine die (cioè senza scadenza). Tale eventualità ricorre quando, decorso il termine previsto nel decreto del giudice, non sussistono le condizioni affinché il minore possa ritornare dalla sua famiglia.Il Tribunale barese ha, poi, disposto che, allorché si faccia luogo ad adozione mite, il minore può assumere il cognome dell’adottante, sostituendolo al proprio, quando detto cognome valga ormai ad identificare la persona, risultando dunque segno distintivo della sua identità personale.Prima della storica pronuncia del Tribunale barese, l’adozione mite risultava sconosciuta nell’ordinamento italiano. In realtà, come evidenziato dalla CEDU, alcuni Tribunali Italiani avevano già interpretato estensivamente l’art. 44 della 184/83 e introdotto l’adozione semplice nei casi in cui non era stato accertato il completo abbandono del minore. Quindi, prima di decidere se un bambino possa essere dichiarato adottabile e prevedere la definitiva rottura del legale familiare biologico, secondo l’Alta Corte, costituirebbe obbligo delle autorità italiane di adoperarsi in maniera adeguata per fare rispettare il diritto del genitore a continuare il legame con il proprio figlio, al fine di evitare di incorrere nella violazione del diritto al rispetto della vita familiare sancito dall’articolo 8 CEDU” (CEDU, 21 gennaio 2014, Zhou c/ltalia; similiter, CEDU, 13 ottobre 2015, S. H. c/ltalia).Come detto in precedenza, l’adozione mite è stata introdotta, per la prima volta, dal Tribunale per i Minorenni di Bari, con una pronuncia del 7 maggio 2008, da più parti contestata. Tale istituto, nato nella prassi, si situa a metà strada tra l’adozione e l’affidamento etero-familiare.L’adozione mite è stata poi “riconfermata” dalla Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n.35840/2021 del 22 novembre 2021. Con tale pronuncia gli Ermellini hanno di fatto dato il via libera una volta per tutte all’istituto dell’adozione mite, affermando che deve essere disposta “nei casi di abbandono semipermanente o ciclico in cui alla sussistenza di una grave fragilità genitoriale si associa la permanenza di un rapporto affettivo significativo“ così da palesare, sempre nel prioritario interesse del minore, che “all’accoglienza nella nuova famiglia si accompagni la permanenza di rapporti di fatto e giuridici con la famiglia di origine”.A nostro parere, l’istituto ha un notevole valore giuridico e sociale, in quanto realizza – anche in assenza di alcuni presupposti dettati dalla legge 184/83, la realizzazione del supremo interesse del minore (da valutare nel caso concreto) e, pertanto, deve essere interpretata come un utile e versatile strumento a disposizione dei nostri Tribunali. Prof. Avv. Domenico Lamanna Di Salvo Matrimonialista - Divorzista - Curatore Speciale del Minore
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20 dic. 2025 • tempo di lettura 6 minuti
La tutela dei minori parte dal presupposto che tali soggetti sono proprio i più deboli e, pertanto, i loro diritti - pur sulla carta indiscutibilmente riconosciuti a livello nazionale e internazionale - vengono spesso messi in secondo piano nelle vicende patologiche del rapporto coniugale.Oggi vogliamo dedicare particolare attenzione all'adozione internazionale, intesa come lo strumento volto a dare una nuova famiglia al minore a cui manchi in via definitiva il sostegno da parte della famiglia di origine e che, pertanto, si trovi in stato di abbandono. La Legge n° 184/1983 regola sia l'adozione nazionale che quella di minori stranieri e residenti all'estero. La predetta normativa stabilisce, in particolare, i requisiti minimi che una famiglia deve soddisfare per poter adottare, come l’età minima, la stabilità finanziaria e la stabilità della coppia, l’idoneità psicologica e l’idoneità fisica, al fine di garantire un ambiente sicuro e amorevole per il bambino. Inoltre, la legge 184/83 regola anche l’iter stesso, che determina tempi e modalità di valutazione dell’idoneità dei potenziali adottanti, la partecipazione degli organi competenti al processo di adozione, le visite domiciliari, le valutazioni psicologiche e sociali e le necessarie, indica i documenti e i certificati necessari. Tale struttura è stata di recente parzialmente modificata con interventi del legislatore e della stessa Corte Costituzionale. ma vediamo, in primis, l'originaria statuizione come formulata nella legge 184/83 (come modificata dalla legge 149/2001). I requisiti per l'adozione internazionale sono gli stessi previsti per l'adozione nazionale, e sono previsti dall'art. 6 della su richiamata legge: L'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o per un numero inferiore di anni se i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, e ciò sia accertato dal tribunale per i minorenni.Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto.L'età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l'età dell'adottando, con la possibilità di deroga in caso di danno grave per il minore. Non è preclusa l'adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni. I predetti limiti di età possono essere derogati nell’interesse del minore o dei minori nell’ipotesi di adozione di più fratelli. Tutte le coppie che intendono iniziare un percorso di adozione internazionale devono presentare la dichiarazione di disponibilità al Tribunale dei Minori del circondario in cui risiedono e successivamente richiedere che lo stesso dichiari la loro idoneità all’adozione. Successivamente, i servizi sociali di competenza eseguono una serie di accertamenti sulla cui base il Tribunale pronuncerà un Decreto che attesta l’idoneità o l’inidoneità. Il Tribunale, dopo aver ricevuto la valutazione del servizio sociale, provvederà ad emettere il decreto di idoneità o meno all’adozione internazionale. Entro un anno dalla pronuncia del decreto di idoneità i richiedenti devono rivolgersi ad un ente autorizzato dalla commissione per le adozioni internazionali il quale metterà in contatto gli adottanti con il minore straniero.La Commissione, in particolare, provvede a comunicare l’emissione dell’autorizzazione all’ingresso in Italia agli uffici consolari del luogo. Sono tali Uffici Consolari a rilasciare materialmente il visto d’ingresso per adozione. Il Tribunale per i Minorenni, in seguito, dichiara efficace in Italia il provvedimento di adozione pronunciato all'estero e ne ordina la trascrizione nei registri dello stato civile. Invece, nel caso in cui il provvedimento straniero, anziché disporre direttamente l’adozione, disponga l'affidamento a scopo di adozione, sarà necessario che il Tribunale per i Minorenni dichiari efficace l’affidamento a scopo adottivo in Italia. In tale ultima ipotesi, l’adozione si perfezionerà in Italia all’esito positivo del periodo di affidamento preadottivo e sarà il Tribunale per i Minorenni a decidere con Decreto l’adozione, provvedendo ad ordinarne la trascrizione nei registri dello stato civile.Le su accennate novità in materia di adozione riguardano, in particolare, il Decreto legislativo n. 149 del 2018 che ha stabilito diverse misure per ridurre i tempi di attesa e semplificare le pratiche amministrative legate all’adozione internazionale. L’obiettivo primario di tale intervento è quello di semplificare e accelerare i processi di adozione internazionale, garantendo al contempo la tutela dei diritti dei minori e dei potenziali genitori adottivi. Di seguito riassumiamo le novità più salienti: Il decreto si è occupato della riduzione dei tempi di attesa, stabilendo il principio per cui il processo di adozione internazionale debba essere condotto nel minor tempo possibile, garantendo i diritti dell’adolescente o del minore interessato e rispettando le normative internazionali. Inoltre, ha introdotto una serie di misure per semplificare le procedure burocratiche legate all’adozione internazionale, riducendo gli adempimenti e i documenti richiesti.È stata istituita una procedura unica per l’acquisizione dei documenti necessari per l’adozione, che consente di evitare duplicazioni e ridondanze.La nuova normativa ha poi previsto l’obbligo per le autorità competenti di tenere traccia del processo di adozione internazionale, garantendo una maggiore trasparenza e informazione ai genitori adottivi e ai minori interessati e ha disposto la promozione di programmi di formazione e sostegno per i genitori adottivi, al fine di fornire loro strumenti e competenze necessari per affrontare le sfide legate all’adozione internazionale.Il decreto promuove la cooperazione e la collaborazione tra le autorità competenti dei diversi paesi coinvolti nel processo di adozione internazionale, al fine di garantire una maggiore efficienza e tutela dei diritti dei minori.Forse, la novità più significativa è l'istituzione del cosiddetto "Registro delle adozioni internazionali", cioè una banca dati nazionale che raccoglie tutte le informazioni sulle adozioni internazionali in Italia e permette di controllare e gestire l’intero processo, garantendo maggiore trasparenza e sicurezza ai minori adottati.Degna di nota è, poi, l’introduzione del “periodo di pre-affido”. Questo periodo, di durata fino a sei mesi, offre agli adottanti l’opportunità di conoscere il bambino e costruire un rapporto con lui prima di ufficializzare l’adozione. Durante questo periodo i genitori adottivi sono accompagnati da un assistente sociale che li sostiene e li aiuta a superare le prime difficoltà legate all’accoglienza di un minore. Inoltre, è stato introdotto il “consulente tecnico”, cioè uno specialista il cui compito è valutare la compatibilità dell’adottante e del bambino da adottare. Questo consulente svolge un ruolo chiave nel garantire che l’adozione sia nel migliore interesse del bambino e valuta la capacità dei genitori adottivi di accettare e prendersi cura del bambino.Per quanto riguarda, poi, gli interventi giurisprudenziali, da segnalare è la sentenza n. 33 del 2025 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale l’art. 29 bis della Legge 184/1983, nella parte in cui escludeva dalla possibilità di adottare i single e le coppie non sposate.Tale decisione rappresenta una rivoluzione nel diritto di famiglia italiano, ponendo al centro il superiore interesse del minore rispetto allo stato civile degli adottanti, altresì offrendo ai minori maggiori opportunità di trovare una famiglia e garantendo la possibilità di adozione anche a chi, fino ad oggi, era escluso dal percorso adottivo.In conclusione, ad oggi abbiamo un sistema di adozioni internazionale sicuramente più rapido ed efficace, che avvicina l'Italia agli standard degli altri partner europei e che, pertanto, deve essere positivamente valutato.
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1 mar. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
La Corte d’Appello di Firenze con la recente sentenza n. 1233/2021 ha confermato l’indirizzo giurisprudenziale consolidato secondo cui il regolamento contrattuale (ovverosia allegato al rogito di acquisto di tutti i condomini) può porre limiti più stringenti per la tolleranza dei rumori da parte dei condomini.Si ricordi infatti che già il codice civile all’art. 844 disciplina le immissioni qualora superino la normale tollerabilità, ciò però non impedisce al regolamento contrattuale di porre limiti più stringenti. Solo il regolamento contrattuale può però porre tali limiti, e non anche il regolamento assembleare, in quanto trattasi di restrizioni alla proprietà esclusiva.Nel caso specifico quindi la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale, ritenendo in particolare che il regolamento contrattuale possa limitare l’immissione di rumori molesti nelle ore di riposo, senza perciò rendersi necessaria alcuna indagine fonometrica sull’entità del suono. Infatti, il divieto regolamentare, più stringente di quello previsto dal codice, non riguardava solo i cosiddetti rumori molesti “oltre la normale tollerabilità”, bensì qualsivoglia rumore molesto nelle ore di riposo. Avv. Ruggiero GorgoglioneWR Milano Avvocatiwww.wrmilanoavvocati.comwravvocati@gmail.com+393397007006
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